sabato 20 dicembre 2014

Perduto

Prende le cuffie, le sfila dalla testa, le lascia cadere sul letto. Il film è finito.
Gli rimane dentro un vuoto, che non si può colmare, uno di quei vuoti che non si possono mai colmare.
Si gira, allunga le gambe e di traverso le appoggia su di uno sgabello ai piedi del letto. La testa è forzata contro il muro, è scomodo si, ma lui resiste, ha sempre resistito, non si è mai piegato, mai; per queste cose poi, figuriamoci.
La cover del telefono è liscia, sembra quasi scivolare dalla mano, lui l'accompagna, non ha la volontà di stringerlo. Lascia cadere il braccio sulla coperta. Morbida, sintetica, calda. Righe blu, azzurre, bianche e grigie rendono la fantasia della stessa molto sobria e vivace e al contempo seria.
Ora il braccio destro è lì, quasi morto sul materasso che sente solo tra le dita lo schermo del telefono inanimato; privo di qualsiasi segnale.
Chiude gli occhi per un attimo, pensa. Pensa nuovamente. Li riapre.
Si guarda il palmo della mano sinistra, le linee che vivono sulla sua mano, le dita, che sono diventate soldi.
Fa la mano a pugno, e nel riaprila diventa una pistola, una pistola in carne ed ossa. La guarda, curioso. I suoi occhi la guardano curioso, come oggetto a loro estraneo. E lei, la pistola, guarda loro dritto nelle pupille.
Dopo questa prima presentazione, i muscoli del braccio si tendono e muovono. La mano si direziona verso la tempia e mentre l'unghia sfiora la carne. Tutto il corpo è consapevole. Ogni singola cellula lo sa. E' questione di un attimo, e tutto cesserebbe. Le dita tremano, tremano dalla smania di fare il passo.
-cosa mi trattiene?-
Non riceverà risposta.
Un attimo dopo, con il dito nervoso che spinge se stesso, spinge sul grilletto, la mano destra si ravviva.
E' arrivato un messaggio sul telefono. Un messaggio su quell'essere morto.
-quella quando il ragazzo dice che c'è così tanta bellezza che non riesce a contenerla e si lascia attraversare da essa-
-si, in parte, ma non è tutto-
Blocca il telefono, cala giù i piedi dallo sgabello, e scioglie l'arma; ritorna una mano. Apre il palmo destro ed il telefono scivola sul letto.
Si alza, inforca le ciabatte e percorre i pochi metri che delimitano la sua stanza.
Ma un secondo prima di uscire vede un riflesso, un riflesso di se stesso o forse di qualcun altro che vive dentro di lui.
Lo guarda negli occhi, in quegli occhi che oggi sono azzurri e domani grigi. Lo guarda incuriosito. Piega la testa di lato come per scrutare meglio il viso dell'altro.
Niente daffare, lo vede, si vede. Vede che non è altro che lui.
Alza la mano sinistra, comincia ad accarezzarsi i capelli scuri lisci e morbidi ed un attimo dopo li vede arruffati. La mano scende e comincia a percorrere la tempia, lo zigomo. Arriva sul naso e ricopre la perfetta curva che lo rende a lui così bello; gli piace il suo naso, che assurdità.
Scende ancora di più, e passando sopra le labbra rosse come il fuoco che ha dentro le accarezza, tutte e due. Ha la pelle liscia, si è rasato da poco e non può notare quella cicatrice. Alza di poco il mento alla luce e la vede lì, indelebile. Un monito.
Ci passa il dito sopra e sente la pelle, come una corazza che per difendersi s'è indurita a dismisura. Sembra una montagna che stona con la pianura del suo volto e con i suoi lineamenti marcati e precisi, caldi.
Il dito nuovamente sfiora quel lembo di pelle per poi con la mano posarsi sul collo e sentirlo bollente, lui è caldo. E mentre la mano, la pistola e la carezza lo alleggeriscono da un peso che grava da anni quanti ne porta dietro, gli occhi, sempre loro sgorgano sale, sale e acqua.
Lui li vede, si vede dentro, li vede gonfi e rossi, vene di sangue che riempiono quegli occhi tanto amati dalle persone,loro che hanno visto ciò che non avrebbero dovuto.
Li vede lacrimare. E vede una goccia di rugiada marina infrangersi contro le labbra livide.
Abbassa la testa, fa un passo di lato, alza l'avambraccio destro e l'appoggia al muro.

Un attimo dopo ci appoggerà la testa, un attimo dopo svuoterà se stesso da tutto, per tornare con se stesso.
Si era perduto.

D.G.

Fuoco

Fuoco,
vada a rogo,
l'anima che mi conserva.

Filo sottile di passione,
curva distante di desiderio,
e i tuoi occhi sono il mio sole.

Sento la terra fremere,
cedere,
crollare sotto i piedi.

Un attimo,
è stato un attimo.
La tempesta imperversa,
sulla sventura.

Ed io barcollo,
senza meta,
un mare infinito.

Non tirare via la mano.
Se ti ho trovata,
è successo per non perderti,
mai più.

Maledetta la mia lingua,
il mio sarcasmo,
la mia ignoranza,
maledetto io.

Un attimo,
abbandonato,
un attimo dopo,
risollevato.

E' bastata la tua mano,
bianca di grazia,
ed eccomi qua,
a bruciare tasti già consumati,
ma non abbastanza.

Eccomi a sferzare la mia meschinità,
eccomi a recedere dalle stupidaggini.

Bionda Parca,
nel mio cuore ti sei messa,
non te ne pentirai,
è una promessa.

D.G.


lunedì 8 dicembre 2014

Dimmelo, cosa ne sarà di me

Dimmelo,
cosa ne sarà di me.

Dimmelo, 
ora che ai tuoi piedi,
docile mi son prostrato.

Dimmelo,
ora che i miei occhi,
colmi di speranza,
vanno lì,
dove da tempo ho cercato.

Dimmelo,
cosa ne sarà di me.

Dimmelo,
bionda Parca,
quale destino avrò,
non farmi penare,
dimmelo.

Dimmelo,
che sia mattina,
che sia notte.
Dimmelo,
che faccia freddo,
che esploda il sole.

Dimmelo e guardami.
Sono inginocchio,
sul graticcio duro,
che la pelle livida mi rende.

Dimmelo,
ora che non c'è distanza,
ora che il tuo sorriso m'abbacina la mente.

Dimmelo,
cosa ne sarà di me.

Dimmelo,
oh Venere bianca,
che i sogni sono altro.

Dimmelo,
accento straniero,
non farmi aspettar tanto.

Dimmelo tu,
tu che hai preso il mio cuore,
e ne hai fatto porto di scorribande.

Dimmelo tu,
che al librar della tua voce nell'aere,
altro suon non odo,
che sia calzante.

Dimmelo tu,
regina della mia mente,
che in essa ti sei ancorata.

Dimmelo tu,
dolce essere vivente,
che non salperai,
oh mia amata.

Dimmelo,
cosa ne sarà di me.

D.G.

sabato 6 dicembre 2014

Uomini fragili

Non posso fare a meno di notare che, con tutto questo trambusto provocato dai media sia innegabile una sorta di ripetitore umano che funge ad oltranza.
Qualsiasi sia il tema, sempre e comunque viene a palesarsi lo sconcerto, l'afflizione e la subitanea rimozione con annessa indignazione; basta davvero guardare qualsiasi social network o programma tv per notarlo.

Arriviamo al dunque. Sembra oramai, ed aggiungo un bel purtroppo, essere diventata una campagna mediatica anche il problema "violenza sulle donne". Dico purtroppo perché solitamente chi ne parla in primis è un baldanzoso (ogni aggettivo ribaltatelo tranquillamente anche al femminile) che non ha mai avuto a che fare con l'argomento, secondo non ha concepito la gravità dell'accaduto perché non si è mai trovato di fronte ad una situazione tale da sentirsi disarmato ed impotente quando, potrebbe benissimo scappare da quella fottuta situazione ma Dio santo, non riesce. E non chiedete lui il perché, non lo sa. Semplicemente è un blocco che prende dentro e inchioda al pavimento. Un blocco che ti dice "corazzati" e tu ti chiudi a riccio, diventi impenetrabile ed i tuoi occhi rimangono l'unico vessillo di una speranza, fine a se stessa, per ciò che in realtà saranno costretti a vedere, ma che non dovrebbero. Fa male non poter agire, sentirsi annichilito da una forza più grande sentirsi umiliato e senza possibilità di fuga quando ad un occhio esterno davvero salta semplicemente la domanda -ma perché non ti ribelli? perché non fuggi?-. Domane inutili. bisogna passarci.

Tutto questo porta ovviamente a ricordare che una donna che non denuncia, è prima di tutto fragile, è piena di timore, paura per il futuro, paura per se stessa. Il non sentirsi capace di affrontare una situazione che porterebbe 90/100 il suo malfattore a odiarla all'ennesima potenza, dopo ciò che ho scritto più sopra, non fa nient'altro che cementare il suo spirito. La forza viene a mancare si. E un paio di botte, alle volte, sono più "rassicuranti" di un insicurezza spirituale futura.

Io non posso e non riesco però a fare a meno di pensare che in tutta questa campagna mediatica che mi fa vomitare, scusate la finezza, vi sono figure che personalmente, alcune volte rispecchiandomi in loro, mi hanno dato modo di riflettere e crescere, e scrivere queste 4 righe. Il tutto per gridare ad alta voce che c'è un limite nello sparare a zero sull'uomo e che la maggior parte di essi non merita di essere additato come un criminale solo perché ha il pene; ciò non toglie che portare avanti campagne di "outing mentale" sia utile, ma non di certo come per momento viene sponsorizzata la cosa. Ripeto, è sufficiente guarda su internet o nei programmi per corroborare la ma tesi.

Sono giovane, ne sono cosciente, ma poco alla volta sento di maturare. E ciò che vedo in quelli giovani come me e che stanno affrontando una vita piena di incertezze non è nient'altro che fragilità.
Accantoniamo pure il lato economico, anzi mettiamoci un velo pietoso. Prendiamo in considerazione l'animo di questi giovani ragazzi.
Dio santo, li vedo io, li vedo soffrire. Li vedo bramare attenzioni che puntualmente vengono a mancare. Li vedo dolci e molto spesso deboli, ma cercano di nasconderlo. Sono insicuri. Hanno pianto, hanno sofferto per via del gentil sesso, come è giusto che sia (??).
Si, si sono dimenati, si sono spezzati il cuore in 4 e hanno sentito lo stomaco andare a puttane. Hanno fatto a gara con la vita e con le sue armi. La solitudine, la voglia di rivincita, la depressione, l'insicurezza, il sentirsi inadatti. Si, perché questi giovani uomini che vengono lasciati, che vengono traditi, che vengono trattati alle volte come pezze da piede, non sono nient'altro che adulti del domani.
Si stanno formando, stanno crescendo e stanno capendo che forse, prima di dire "ti amo" devono davvero sapere chi hanno di fronte. Stanno raggiungendo la maturità attraverso occhi lucidi e guance rigate dalle lacrime.
E tutto questo molto probabilmente mentre erano su un bus, o a lavoro o addirittura in mezzo ad una folla urlante. O più semplicemente nel proprio letto. Quando lì, da solo, tiri le somme e -Dio sono solo-.
Già, sei solo caro amico.

Alla fine gli uomini sono questo, non mostri, ma pezzi di vetro che se lasciati cadere a se stessi, si infrangono in mille pezzi.
Sono uomini, sono fragili. Ecco tutto.

Damiano Grilli

mercoledì 26 novembre 2014

Ascolto

E spezza,
E si infrange,
Il mare in tempesta,
Su gocce cadenti avorio.

Mille luci sospirano,
E altrettante respirano,
Voci,
Caduche voci.

Una campana suona.
Suona ciò che le piace,
Come ogni bocca,
Parla ciò che parola adora.

In silenzio ascolto.
Ascolto creste bianche,
Ascolto luci negli occhi,
Ascolto vibrazioni al cuore.

D.G.

domenica 16 novembre 2014

Se fossi Arturo

E ora come scrivo?
Non ne ho idea. Mi trovo in questo squallido hotel con le mura tinte di rosa e la vernice che cade a pezzi mentre un caldo soffocante mi prende la gola.
Nel frattempo dall'altra parte della parete il vociare di alcune puttane si fa avanti fino a rendersi talmente chiaro da sentire ogni respiro, ogni alito di orgasmo.
Il proprietario dell'hotel alla meretrice di turno:
-Dai, fammi entrare, ti abbono l'affitto di questi tre mesi basta che mi fai stare bene..-
Lei:
-ma perché? ho detto che ti pago, non ora, ma ti pago! Inoltre poi fra poco devo partire, quindi mica voglio scappare senza pagarti-
Lui:
-senti Sudamerica, non posso lasciarti andare senza i miei soldi, lo sai. E poi ti ho detto che ti amo, io davvero, ti amo! Voglio renderti la madre dei miei figli.-

E così via per ore e ore. Letti che cigolano e calore che da alla testa. Urla e odore di muffa. Possono essere le 2 o le 4 del mattino, nulla cambia, tacchi a spillo che a pochi metri dal mio letto fanno avanti e indietro da stanza e stanza. E dopo ogni porta che sbatte, un letto cigola; matematico.

Alle volte mi sembra di fare a gara con Arturo Bandini, mi manca solo essere al primo piano, con una veranda che da sulla strada di una Los Angeles di inizio secolo ed avere una cameriera messicana al mio seguito.
Fanculo che strage, sembra la vita di un film ma un film non è. Non hai tempo di cominciare a battere un articolo che è già notte fonda e hai gli occhi che tendono a chiudersi fino a farti male per la poca luce che esce dal monitor del pc. Fanculo nuovamente. I pensieri poi è prassi, si rimbalzano nel cervello per trovare risposte a domande che sinceramente non so nemmeno se voglio conoscere o meno.

E' mattina, mi alzo, con grande fatica e vado al cesso. Mi guardo nudo allo specchio, mi piaccio. Avrei bisogno di fare uno sport che mi sviluppi un po il busto ma con sto cazzo di lavoro è impossibile, troppo tempo che vola. Prima di sedermi sulla tavoletta cerco di tenerla ferma perché è ovviamente rotta.
Dopo alcuni minuti di dormiveglia, mi rialzo, tiro l'acqua e mi butto addosso i 4 vestiti che odorano già di grasso e lavoro.

Portafoglio, caricabatterie e cellulare. Via, si esce dalla stanza per una nuova giornata di sopportazione. Faccio a piedi i 100 metri che m dividono dal baretto dall'altra parte della strada ed eccomi a salutare, come ogni fottuta mattina la barista rumena.
-Buon dì-
-Ciao Damiano! Non so cosa tu abbia fatto stanotte, ma hai bisogno di un doppio caffè secondo me-
-Naa, fammi il solito te nero va-
-Te nero? ok, come vuoi. E sempre brioche alla cioccolata no?-
-Esatto. Senti un po', ma la ragazza che lavorava qui e che studiava da infermiera questa estate?-
-Ah, Francesca (credo si chiami così, non ricordo), ha fatto qui solo la stagione estiva..-
-Oook, perfetto.-

Finisco la colazione sotto lo sguardo del titolare che camminando avanti e indietro mi invita senza dirlo a darmi una mossa, cosa che gentilmente ogni mattina declino per una calma interiore precipua.

-Buon dì nuovamente e buon lavoro-
-Ciao Damiano, anche a te!-

Stop.

Se fossi Arturo avrei una vita sicuramente più avventurosa, ma sono solo Damiano, e sono reale.

Io sono Damiano,
e questa, è la mia vita.

D.G.

venerdì 7 novembre 2014

Rapito

Un'attimo, ed eccoti lì.
Non capisco cosa,
non capisco come,
Ma giuro, eran splendidi.

Li vedevo come ebano,
librasi ad ogni tocco,
loro si, volavano,
liberi, senza nemmeno un fiocco.

Mi hai rapito,
è stato un attimo,
mi hai colpito,
dentro si, son ancora livido.

Mi son innamorato,
ma ti ho persa,
ti ho guardata, 
Dio, eri immensa.

Erano fluenti,
e m'hanno ucciso,
virenti,
illuso.

Castani come pece,
lunghi come torrenti,
belli come la neve,
splendenti come un'eclissi.

Con la coda m'hai visto,
e non hai smesso.
Ad ogni occhiata io,
ne capivo il nesso.

Ti sei alzata,
l'uscita era la tua destinazione.
Ma, devo essere sincero,
la tua breve presenza, 
ne è valsa tutta l'emozione.

D.G.

sabato 1 novembre 2014

Volontà negata

Ogni cosa, ogni decisione, prima di farla sembra un'impresa colossale, una montagna impossibile da scalare; tanto da rendere chi c'è riuscito prima e chi è 'arrivato', secondo il nostro personale relativo concetto di 'arrivare', dei miti.

Forse tutto inizia dal dubbio, non mi sono mai soffermato a riguardo, ho sempre saltato questo punto, del perché ci sia la necessità di una azione, per arrivare direttamente all'azione stessa.
Ogni volontà, in fondo, la si può mettere alla stregua di un passo, si, un semplice passo che non farà altro che impreziosire il nostro cammino; qualsiasi finale abbia.

E come ogni passo, ogni azione ha di fronte a sé diversi ostacoli, tanti ostacoli, alcuni nemmeno li consideriamo a volte, ma loro sono lì ben presenti.
Se si parte dall'inizio il concetto stesso di passo e qualcosa di puramente dinamico, qualcosa che non lascia spazio alla staticità, qualcosa che ti obbliga a non prevedere il futuro dello stesso.

Scelto quindi se buttarsi o meno da una condizione posata ad una senza appigli, con ognuno i propri pro e viceversa, si passa allo step successivo, liberarsi della stabilità dei due piedi per lasciarsi alla mercé di un piede, uno solo, e provare a bilanciare il proprio corpo in modo ad adattarsi a qualcosa che forse non è nostro, ma che certamente è necessario in quanto attimo di transizione. E così alziamo un piede, impostiamo i muscoli del corpo, spostiamo i vari baricentri e letteralmente cominciamo a volare; metà cielo metà terra, il tutto sotto i nostri piedi. Ecco cosa significa forse buttarsi, provare l'ebbrezza del volo, per un attimo. L'idea del non essere legati a nulla ma essere padroni di tutto. Quale tutto? Noi stessi, noi siamo il tutto.

Ed è così che poi arrivati a metà strada, ci troviamo con un piede ben posato e ancora più fermo di quanto fossero tutti e due assieme prima ed uno che, leggero, copre con una falcata uno spazio celeste. Il frangente perde quasi importanza, oramai hai alzato il piede, oramai sei in bilico, oramai tutto è in gioco, tanto vale non considerare troppo quello che potrebbe essere; è essenziale portare alla fine l'opera. D'altronde le cose vanno pensate prima.., ma come abbiamo detto poc'anzi, non tutto può essere calcolato. Alle volte basta anche solo il concetto di volere per realizzare quanto pensato. 

Prima di continuare fermiamoci un attimo. Avete mai ragionato su cosa è un pensiero? Un semplice pensiero, un qualcosa di così comune che ci da, assieme all'intelligenza, modo di formare e dare vita ai nostri stessi concetti.
Tutto nasce da questo..
Tornando al discorso cardine, più precisamente al nostro passo eravamo in volo e come ogni aereo che si rispetti, anche per il nostro piede questa fase è quella più difficile. Sta tutto nell'impostare la traiettoria, stringere la caviglia, alzare la punta, indurire il tallone e via, lasciarsi cadere ed accogliere dalla terra. La terra, cosa stupenda senza la quale saremmo perduti. Intanto, dopo questo lavorio, eccoci verso un altro stato. Staticità-dinamicità-staticità. è un continuum, una sequenza di stati forzati, doverosi ed impossibili da non compiere.

Come fare a dire se essere meglio uno o l'altro?
Impossibile, impossibile dirlo ma non è impossibile affermare la necessità di questi stati per la nostra crescita.
L'importante che queste volontà non siano forzate, ma che siano un flusso, un flusso di consapevolezza, quella maledetta consapevolezza che ti prende l'anima e te la fa a pezzi. In nome di cosa però?

Non lo so, sto cercando di capirlo. 
Nel frattempo, provo a fare qualche passo, ma sotto i miei piedi sento solo il vuoto.

D.G.

venerdì 24 ottobre 2014

Amara delusione

Sono deluso. Amaramente deluso.

Penso che di fondo non ci sia una soddisfazione tale da farmi sopportare tanto malessere.
Certo, potrei raffrontarmi ma a che pro? Per convincere me stesso che ciò che provo in realtà è nulla messo alla pari di qualcuno che magari soffre fisicamente e mentalmente assieme assoggettamenti dell'anima?

No ci penso nemmeno un po', che egoista e immaturo. Quello che mi manca è forse ciò che mai avrò, ciò che il sistema ti obbliga a non avere. Perchè boia faus, non prendiamoci per il culo, si è tutto molto bello, gli impegni, la volontà, etc etc. Ma non funziona così il mondo. Il mondo funziona che tu nasci in una famiglia di merda, ti passi una vita di merda con un lavoro di merda solo per risolvere la tua vita di merda piena di stenti.

Poi se ti va bene nasci figlio di papà e hai già mezzo lavoro fatto eh. Buona scuola, agganci sicuri, mangiare la metà della merda del tipo qui sopra e continuare a fare parte di una élite che guarda chi lavora, ah no pardon, chi Lavora come se fosse sceso dalla luna.
Loro che sono abituati ai bei vestiti e a comandare. Loro che fanno finta di faticare, loro che lamentano stanchezza, loro che non sanno un cazzo ma vanno avanti di luoghi comuni e frasi da denuncia sociale tratte dai peggiori centri sociali anarchici; che poi di anarchico hanno ben poco spesso e volentieri, ma sapete, l'immagine va per la maggiore.

"Come stai? tutto bene?", sorriso di etichetta e faccia da culo da prendere a schiaffi, risposta "va alla grande", e giù a sopportare la loro inettitudine e la loro stupidità solo e solamente perché si fa parte di un sistema che sta 1:1000000000000. Già, come dice sempre mia madre "fa' attenzione, nella vita si ha sempre bisogno di qualcuno". Ok, ma per questo devo sopportare un mondo bieco fatto solo da copertine e pagine bianche?

Dio, quelle pagine le voglio scrivere, le voglio far parlare. Voglio vedere quelle fottute lettere balzare di foglio in foglio per esternare tutto il marcio che vedo e che questi presunti umani non vedono. Li vedo viziati e già deliranti nel loro piccolo ego che sa solo di inesperienza mista ad arroganza. Sopporto.

Non è cosa buona giudicare, anche perché porta ad essere giudicati di conseguenza, ne sono consapevole, ma certe situazioni, certi atteggiamenti, certi ragionamenti e buonismi non li sopporto più. Le persone sono cattive, acide, brute. Le persone ingannano e creano maschere solo per farsi notare. Le persone, quelle persone chi sono? chi le ha cresciute? Non capisco, mi guardo, li guardo e non capisco. Cosa vogliono?

Bevo un poco di camomilla. Guardo una notifica su wts, mia cugina che dopo averle scritto "sono follemente innamorato di te" crede parlassi sul serio, sciocchina.

Si. Sono deluso. Vorrei viaggiare il mondo, da solo. Solo. Anzi, non solo, magari con un cane. o solo con me stesso.. non lo so. Vorrei viaggiare, mollare questo mondo, questa città, queste persone, questo stile di vita che ti corrode il cervello e ti corrobora ogni idea di sfruttamento e perdita di tempo che ad ogni dì non fa che annichilirti come persona. No dai, non sono tragico, solo che la vedo così la mia vita. Mi guardo allo specchio e mi domando dove sarò fra 10 anni. Dovrei impormi dei paletti, ma alla vita non si possono imporre dei paletti. Certo potrei usare un po' di ottimismo, peccato non ne sia stato dotato da piccolo. Potrei, ma a che pro? nuovamente lo stesso quesito.

Vorrei. Il vorrei è un verbo bellissimo, esprime i ragionamenti. Vede nelle materia quello che uno ha già visto nella mente. Qualcuno li chiama sogni, altri li chiamano desideri. Io non lo so, mi limito a concepirli e a ragionarci su.

Ovvio, anche a me piacerebbe fare l'hippy della situazione, partire zaino in spalla e perdermi tra i monti tibetani, camminare in lungo e largo, vedere città e arricchirmi culturalmente di qualcosa che il 99% delle persone che ho conosciuto nemmeno si immagina. Sono d'accordo, è importante la pagnotta, si. Ma l'animo? Quello come lo arricchisci? Che Dio mi perdoni ma non di certo spelando cavi.

Non sapevo cosa fosse la speculazione filosofica, anche se l'ho usata per 22 anni. Ecco, non c'è cosa più bella di domandarsi chi si è, perchè ci si comporta in alcuni modi e da li trarre conclusioni.

Noi siamo noi. Noi siamo tutti. Noi siamo tutto. Cos'è il resto?

Ciò negherebbe la mia teoria dei tre livelli di maturità di per sé, ma poco importa, voglio provare.

Tutto ciò che mi resta è provare. A 20, a 40 o a 60, non importa, bisogna provare, domandarsi e farsi una luce di ragionamenti. Non riesco ad odiare, sono uno che non riesce a portare rancore, d'altronde siamo tutti uomini ed ognuno ha le sue paure e le sue debolezze, ma ciò non toglie l'amaro.

L'ho detto. Sono deluso, amaramente deluso.

D.G.

Senza età

Perché capite, non ha un'età. Assolutamente no. Non si possono affermare con certezza i suoi limiti, il suo spessore, la sua profondità. No.

Arriva, ti brucia dentro e scappa. E come ogni incendio lascia le ceneri nei cuori di chi ne stato arso.
Cosa vogliamo fare? Vivere di eterni fiumi senza mai lasciarsi rodere il fegato? No dai, va bene pavidi., ma ignavi..

Assurdo, assurdo per me, per la mia flebile e poca esperienza. Solo poco fa ci sono arrivato, l'amore è qualcosa di unico. Ma forse non so nemmeno se possiamo definirlo amore.

Amore...tsè, non c'è parola più abusata. Cos'è l'amore? C'è gente che dice "non ti lascerò mai", "ti amerò per sempre", e poi?
E poi la morte, e non c'è bisogno di stupirsene..

Ho visto uomini di 60 anni chiedermi "secondo te cosa posso fare?", proprio quando io un attimo prima attingevo dalla loro esperienza per uscire da uno stato pietoso e farmi una ragione del fatto che in realtà esiste l'infatuazione, quella si. Quella che ti fonde il cervello quando tutto è finito. Quella che ti uccide ad ogni parola detta, ridetta, pensata e morta su se stessa ancora prima di essere nata.

Ma cosa vogliamo? Cosa vogliamo dall'altro? Cosa voglio io? Non lo so.

Ho detto tutto, ho detto niente.

D.G.

sabato 18 ottobre 2014

Frammenti di cosa? vol.2

No, però andiamo a fondo. Non mi basta scrivere 4 cazzate per svuotami completamente. Io di fondo ho una rabbia che porca eva, la sento scoppiare dentro. Sai quando qualcosa ti prende e di sbatte a destra e a sinistra come un oggetto? Quando le tue forze sono pari a zero, ecco. Perfetto, dentro di me è così. Ho un'implosione di sentimenti che tutto muta e tutto cambia. E la mia mentalità e i miei pensieri e il mio stato d'animo.

Sono un fottuto lunatico e non me ne vergogno. So benissimo non essere la cosa più bella del mondo soprattutto che basta un ragionamento a farti imbrigliare la serata tra ricordi, amarezze e scompensi vari, ma purtroppo non ci posso nulla, ragiono come una macchina del tempo che non fa altro che andare all'indietro.

Bada, non vivo nel passato, ma ci passo un po' di tempo qualche volta, tutto lì.

Se sapessi come uscirne avrei fatto jackpot, ma per momento niente.
A essere sincero qualcuno qualcosa mi ha consigliato, ma mi piace letteralmente marcire nella mia indole di "pessimista tetro nato sotto il segno di giove". Peggio di così presumo non si possa andare..
Ma tutto sommato, per assurdo, dopo avere scritto queste parole, mi sento meglio.
Decisamente, mi sento svuotato da un qualcosa che probabilmente solo io capirò.....solo io?

Continuo a chiedermi chi avrà interesse nel leggere le mie cazzate, visto che alle volte non interessano nemmeno il sottoscritto.

D.G.

Frammenti di cosa?

Una tazza di tè, pezzetti di gomma sulla scrivania, il quaderno a quadretti con gli appunti di economia a lato e niente, vuoto completo.
Non mi illudo e non mi voglio illudere, sono un sentimentale d'altronde e qui lo dico e lo ribadisco, ho bisogno di soffrire.
"Le notti non finiscono all'alba della via", narrava qualcuno che di testi e poesia ne sa più di me, ebbene si, perché ciò che è stato non finisce li, li dove basta girare un interruttore e vedere la luce spegnere. No.

Il fuoco, ogni fuoco rimane caldo e presente nel cuore di ognuno. Interpretate questo fuoco pure come volete, presumo sia versatile. Nel mio caso indica una cosa ben precisa, e chi ha seguito le mie avventure, anche se oramai a distanza di un po', direi lo sa bene.

Non mi illudo, lo ripeto, so bene che siamo fatti di carne e la carne per rimarginare ha bisogno di tempo come la mente di un uomo per maturare. Col senno di poi sennò saremmo tutti giovani saggi no? No. Non è così. Non so se per fortuna o maledizione, ma mi ritrovo a 22 anni ingolfato nella materia dello spirito misto a quella della vita. Non domandatevi cosa significa, ha un significato personale che solo chi mi ha conosciuto a fondo può capire.

Mi manca la pioggia, mi manca il sole, mi mancano le nuvole.
Mi mancano le giornate fredde, le giornate calde, mi manca il vento sulla pelle e..

Dio quanto è complicata la vita, ed io sono già uno che pensa essere tutto facile, ergo Dio quanto è complicata.

Oggi sei qui con certi pensieri, certe domande certe persone, accanto.
Domani non ci sei, o meglio TU quello che eri, non ci sei più, sei un altro, ti senti diverso, trasformato, mai e poi mai maturo. Ti senti un bambino. Mi sento un bambino.

Sono solo certo di una cosa, il bello che incontriamo nella vita ci accompagna, sempre. Sta a noi prenderlo a braccetto, ammettere essere stato tale e viverci assieme.

Ora, dopo questo sfondo di tristezza che aleggia nel mio essere mi butto a capofitto sulla stesura di un articolo, come sempre per Mole24. Se non lo conoscete...male!

D.G.


lunedì 28 luglio 2014

Li dentro di Te

Di quello che era la nostra storia,
Ora non rimane niente.
Non il luogo del primo bacio,
Non il sentimento,
Nemmeno noi due.

Ma lo so,
Ne sono certo,
Dentro di te, pensi ancora a me.
Lì nel profondo ci sono,
Lì dove tu mi hai fatto sedere.

Ci sono e sempre ci sarò.
Ti amo, sii felice,
non desidero altro per colei che amo.

domenica 27 luglio 2014

La fine

Solo.
Dopo tempo e tempo,
Solo.
Chi sono? Chi ero?

Diamanti dalle mille sfaccettature tagliati male, molto male.

Non so cosa mi manca.
Mi manca l'essenza.
Mi manca tutto.
Dio, tutto nel giro di pochissimo.
Avevo tutto,
Ora non ho nulla.
Tutto ciò che amavo veramente se n'è andato con il tuo sorriso.

Non c'è più luce né sole per i miei occhi.
Ho freddo, sempre freddo.
Un freddo impossibile alla natura.
Un freddo freddo di chi è solo.

Ho sbagliato,
Non ho sbagliato,
Potevo,
Non potevo..
Dio Santo ma perché così in fretta?
Perché diamine non mi hai avvertito prima che il tutto fosse niente?
Prima di piangere la notte
E sentire lo stomaco bruciare,
Prima di essere corroso dai pensieri,
Perché?
Forse,
Forse la pena sarebbe stata minore,
Lieve mi oso dire..

Ma invece no,
Questa è la vita,
E ne ho avuto la conferma.

La felicità non esiste, ricordi?
La felicità non esiste, siamo solo spensierati.
E Tu lo sai.

Forse non leggerai,
Forse si.
Se lo farai tanto non dirai nulla.
Oramai non sono più nessuno,
E fra poco non sarò nemmeno colui che avrai amato così tanto..
Perdonami per le mie parole, non ti voglio ferire, lo sai.
Sii felice.

E che possa (io),
Non fare la fine del Cesare.

Ti amo.

martedì 22 luglio 2014

Non posso.

Le sento,
Le sento nel profondo.
Sono lì ed escono;
Con una nota, con una parola.

Cambio di umore.
Il sorriso è così vacuo oramai.
Se solo penso..
È meglio che non pensi.

Ci provo,
Non fa parte di me ignorare.
Ci provo,
Non riesco a non vedere.
Ci provo,
Ma riesco solo ad amare.

Le vedo rosse sempre nella mia mente.
Li vedo lunghi e profumati;
Neri e Rossi al sole che li scalda.

Piango.
È piango per ciò che non ho.
Piango.
Piango per ciò che vorrei.
Piango.
Piango perché dentro sento rompersi una cataratta di sofferenza.

-Scusa Damiano.-
-No tranquillo, non lo fai apposta.-

Chi siete?
-Chi siamo? Siamo Te.-

Ho capito.

Dormo e netto il viso,
Tra corpi sconosciuti
E sentimenti vividi.

Loro, vividi.
Io,
Io..Muoio.

Dormo e cerco di cancellare.
Non riuscirò.
I pensieri si affollano tra ricordi.
Mi sento vuoto,
Dov'è la parte mancante?

Un puzzle senza senso.
Un bianco da ridefinire.
Un bianco che non più è nero.

Dormo e netto.

giovedì 26 giugno 2014

giovedì 5 giugno 2014

Parole, kebab e anima

Lunedì. Lunedì 2 giugno.
Doveva essere un giorno fatidico e così poi si è rivelato.

Non mi aspettavo i classici incontri e dialoghi che come sempre colmano la mia vita "a manetta".
Dopo quella giornata sono ancora più convinto che, tutto sommato, le nostre vite sono predestinate a seguire un percorso. Ma non pensate ad un "è già tutto scritto", magari in un altro frangente ci scriverò sopra.
Ma adesso a noi. Popcorn, patatine e ragazza? avete tutto? Ok, ora accomodatevi e ascoltate la novella.

Finalmente, dopo 2 "facciamo un altro giorno?", quel benedetto lunedì, era arrivato. Dovevamo vederci sotto casa sua per mettere in chiaro: "stiamo assieme? non stiamo assieme? cosa non è andato bene?".
Vorrei subito partire con una qualche disgrazia cui sono solito, ma fortuna vuole che non ebbi il tempo di attraversare la stradina che separa la mia via dagli interni, che un bus, il 50, arrivare lesto alle mie spalle.
Non ci penso un attimo, mi giro e mi fiondo verso la porta. Il guidatore fra poco accoppava 'na vecchietta che trascinava il carrello della spesa a mo' di sacco di patate.

Salgo su e nel frattempo su whatsapp, parlo con i miei 4 amici nel gruppo denominato "Bro-becue", anche qui mi toccherà aprire un'altra parentesi per illustrare la genialità della parola.

A metà percorso, deviato in aggiunta, tra l'odore acre di zingaro che stringeva alla gola tanti erano e tanto erano vicini, una rumena con le tette quasi totalmente di fuori e le scritte "AL FUOCO I CIE" che mi accompagnavano, finalmente la prima disavventura.

Mancavo di biglietto mensile buon cielo! Scadendo il giorno prima, la mia imperizia e svogliatezza non hanno lavorato per andare a caricarlo e quindi lasciando in balia di qualche presunto controllore che nascosto, con un balzo (?) (perché un balzo?) sarebbe salito minacciando me e la mia famiglia e tutta la mia generazione di multa. I giochi vanno per la meglio e mi ritrovo in centro senza un biglietto valido ed un bus da prendere, il 68, sul quale avevo già visto spesso e volentieri i controllori assieme ad i vigili; fare le multe si intende, non andare allegramente in giro a braccetto.

Così m'affrettai orologio al polso, rimasto fermo per la mia ignoranza/idiozia 3 molesti mesi, verso il primo tabacchino in vista. Caricai l'abbonamento, 21 euro, e mi fiondai sul bus che poco dopo si fece presente all'appello. Inutile dire che oramai le ore 15.00 erano passate, così arrivai in ritardo.

Che buon cielo poteva succedere nel giorno in cui dovevo parlare con la mia (ex?)ragazza? Non becco suo padre? Mi vede, mi saluta, contraccambio e dopo avermi chiesto -tutto bene?-, come sempre fissandomi negli occhi e con una perenne fottuta soggezione (non so il perché), risposi -si dai, si galleggia tutto sommato-. Lo aiutai a controllare la luce dell stop posteriore sinistra e dopo ciò ci mettemmo a dialogare felicemente del più e del meno.

Nel frattempo prima di vedere il padre della mia lei, avevo scritto a quest'ultima che ero sotto, senza accorgermi che successivamente mi mandò qualcosa come 6 messaggi imprecando sulla mia testa per il fatto che suo padre mi avesse visto, del tipo "ma era proprio necessario?" oppure "mi vuoi aspettare a quel cazzo di giardino?" tirando fuori un linguaggio volgare che mi fa rabbrividire e che usa da un po' di mesi a questa parte, cosa deplorevole, soprattutto per una donna. But however, suo padre mentre stavamo parlando la vede e io salutandolo le vado incontro.
-Andiamo di là che qui mi sento oppressa-, (comunque ciao eh) -ok!-.

Lunga la strada fino al parco Ruffini che tra una cosa e l'altra è stata occasione per testare i suo sentimenti.
Taglio egregiamente i fatti nostri dicendo che dopo esserci sparati addosso senza giubbotto anti-proiettile, dopo aver riso e dopo esserci calmati abbiamo avuto modo ed occasione finalmente di trovare tutte le varie problematiche che ci hanno portato in 'sta situazione balenga.
La accompagno fino a casa, nemmeno un bacio durante tutta la giornata...uff, tristezza, ero abituato alle sue dolci labbra a tenerla stretta per i fianchi........madooooooooo. Soprassedo. Soprassedo?? col cazzo! Il suo profumo intenso...la sua pelle vellutata, i suoi occhi neri che mi facevo sprofondare nei buchi neri della mia anima e che quando infranti dalla luce del sole davano vita assieme ai suoi castani capelli ad un fragore di profumi per la mia mente....vabbeh!

La lasciai, felice (io) per come andarono le cose e mi diressi verso il 15. Dopo essermi seduto affianco ad una vietnamita (mi perseguitano questi vietnamiti), comincia a smanettare sul mio smartphone (che sta a significare telefono intelligente per chi non ne fosse a conoscenza), un Sony Xperia P al quale ho cambiato da poco il vetro...anche li, una storia tutta sua.

Finita la mezz'ora di viaggio ed arrivato in centro mi dico -ho voglia di un sano(?) kebab-. Il migliore, ed unico in assoluto che fa i migliori kebab di Torino è lui e non ci sono cazzi che tengano. Si trova in via Palazzo di città, 30 metri partendo da Piazza Castello ed andando verso il Comune.

Così entro e chiedo al kebabbaro (mi accorgo solo ora di non conoscere il nome del tipo...) di farmi un kebab con tutto. Mi vado ad assidere ed in poco tempo e molto zelo arriva come una scheggia con il mio kebab e altri due destinati ad una coppia interrazziale francese, lei nera lui bianco.

Dopo aver posato il vassoio, vede i due libri che mi stavo portando appresso, e scherzando [alle volte fa delle battute che persino io non capisco (sarà che parla mezzo turco)],  dice -e questi sono da buttare??- ed io -noooo per giove! sono di mio nonno!-.

E da lì si è aperta una voragine. Si è parlato della bibbia in ebraico che ho (o meglio ha mio nonno) risalente al 1889, del fatto che lui non potendo muoversi, visto che sta sempre dietro il bancone legge molto, soprattutto a casa. Poi mi fa presente che vorrebbe leggere in italiano ma trovando parecchia difficoltà nel capire le parole e l'unione delle stesse fra loro evita di leggere nella nostra lingua, con grande rammarico e ritornando ai suoi libri in arabo. Il punto è che lui, vorrebbe leggere cose più profonde dei romanzi sempliciotti che trova in lingua originale, ma qui a Torino non ha idea di dove potrebbe rivolgersi. Così, dopo avergli detto che mi sarei informato, legge i titoli dei libri che portavo con me e mi chiede -cosa vuol dire "La società di massa e la sua cultura"-. Mi sono soffermato e gli ho spiegato prima di tutto il significato delle varie parole e poi in linea generale cos'è la massa e come viene diretta e dirottata verso concetti e altro, scelti da terzi. Siamo così arrivati a parlare di religione, politica e civiltà.

La cosa che più mi ha affascinato e che credo che mi rimarrà impressa a lungo è stata quando ha detto -perché sai, io sono qui, tu sei qui, ma ciò non toglie che noi siamo tutto. La conoscenza è tutto e a noi manca quello che non conosciamo. Per quello leggo, per quel motivo voglio sapere. Non ho avuto modo di continuare le scuole è stato un peccato si, però ora sento la necessità di riempire i buchi di sapienza interiore ed esteriore che di un umano fanno un uomo (quest'ultima l'ho aggiunta io, perché il senso è quello).- e poi arriviamo al culmine quando mi dice -io sono io, io sono arabo, tu sei italiano, ma noi siamo tutto, noi siamo indiani, cinesi, americani, africani, tutto! Se noi ci mettiamo dietro una barriera razziale, per noi è finita, per la nostra mente è finita. Per noi, in qualità di uomini, tutto ciò cui potremmo arricchire la nostra anima rimarrebbe per sempre incolto, ecco mettiamola così.-

Stupendo, davvero, stupendo. Non pensavo che una tesina sulla cultura di massa che dovrà portare la mia donna all'esame mi avrebbe aperto una strada come questa. Capite ora perché penso che le vite siano predestinate?

Mio nonno 50 anni fa DOVEVA comprare quei libri. Io DOVEVO conoscere il kebabbaro e la mia donna. La mia donna DOVEVA fare la tesina sulla cultura di massa. Il giorno fatidico per vederci e discutere dei nostri problemi, non poteva essere alcun altro, bensì DOVEVA essere quel lunedì. E la mia lei, DOVEVA ricordami di prendere i libri che le avevo detto di tenere in borsa perché in mano pesavano ( :p ) e che volontariamente volevo dimenticare da lei come pretesto per vederla un altro giorno. Quindi, grazie amore.

Come è stato questo fatidico 02/06/2014?
Bellissimo, le cose inaspettate sono le più belle d'altronde.

Damiano Grilli





mercoledì 28 maggio 2014

Un giorno, un film (tutto in 6 ore)

La giornata doveva essere spasmodica. Mi sono svegliato male, malissimo. Non so come andrà a finire con lei e ciò mi corrode il fegato, lo stomaco mi si contorce, mi brucia la gola e il viso lacrima lacrime salate.

Ma questo a voi non interessa.

Dicevo, la giornata era già partita male stamattina, l'ansia di non vederla, di non sentirla... in poche parole è iniziata a merda. Facevo colazione, ero in ritardo, butto via il tè, cosa per me rarissima visto quanto apprezzo la suddetta bevanda, ed esco di casa. L'orario era accettabile, sarei arrivato qualche minuto dopo le 8.00, ma nulla di grave visto che solitamente entro alle 7.55.

Non sembrava troppo impegnativa come mattinata (a prima vista). Così, mentre ero sul tram 4 e cercavo spunti e li proponevo al giornale cui scrivo (Mole24), con tutta la tranquillità della mezz'ora di strada che mi mancava per arrivare a mirafiori sud dal centro di Torino, succede un misfatto. Una tipa, una delle 4 che ogni mattina salgono assieme allo stesso orario e siedono sempre allo stesso posto, scivoloso tra l'altro e che mi fissa il più delle volte, vomita!

Buon cielo, curioso guardo per terra e vedo un laghetto di acqua, sarà stata acidità, capita. Tutti i passeggeri impanicati: "per Diana sempre una ne succede su 'sto tram!". Una signora fra poco si faceva inoltre schiacciare la testa tra le porte per guardare il vomito tanto da farsi dire dal marito "ma sei scema?".
E così mentre ero sceso vedevo lei un po imbarazzata, suvvia capita dai.

Fatto sta che aspetto il tram successivo e arrivo a lavoro alle 8.15.
Mi apre subitaneo il vecchio.
-Buongiorno-
-Buongiorno sig. Damiano-
ecco cosa faccio
Mi vado a cambiare e inizio a fare ciò per cui mi pagano, attaccare cavi di rame; altro modo per dire elettricista.
La giornata corre, anche perché sarei uscito, teoricamente, alle 13.00 (dopo aver dato un preavviso di un mese e con tanto di lamentele del vecchio PADRONE-PRINCIPALE-DATORE DI LAVORO, quindi vedevo già la fine della tortura. Ebbene non vi racconto tutto ma arrivo direttamente alle 12.45 ove fremente volevo andare a mangiare per poi uscire. Ma cosa succede? ho collegato un cavo sbagliato, fanculo, non mi capitava da mesi. Morale della favola vado a mangiare in ritardo e dopo aver parlato della mia situazione con la mia donna al mio collega e dopo alcuni suoi consigli, mi accompagna nuovamente al tram "direzione dentista".

Si perché la giornata doveva essere:

  1. dentista
  2. fioraio
  3. fidanzata (o forse non dovrei nemmeno più chiamarla così, non so...meglio che non ci pensi)
Poteva andare tutto liscio? Ovviamente no. In primis promozione vodafone scaduta, in secondo luogo la mia ragazza che dopo avermi mandato un messaggio che non poteva più uscire, intravisto grazie al wi-fi dell'azienda, necessitava una risposta.
Come fare? Scrivere a mia madre no, faceva la notte questa settimana quindi l'avrei svegliata. Allora opto per telefonare alla madre della mia ragazza con l'addebito. INCREDIBILE, risponde. Con fare lesto le chiedo se può avvisare mia madre con un messaggio che ero uscito e andavo dal dentista, avvisare il dentista che arrivo in ritardo e mandare un messaggio a sua figlia (la mia ragazza) di non preoccuparsi se non potevamo vederci ( da quasi un mese....). Diligentemente rispetta ogni compito e mi richiama quando il tutto era completato. 
Bien sure, arrivo dal dentista, finalmente. Dopo avermi anestetizzato il dente che deve devitalizzare, se ne va per 5 minuti; il tempo che l'effetto entri in circolo. 
Ritorna ed io mezzo assopito:
-fra poco mi mettevo a dormire-
-eh, l'anestesia!! no dai scherzo, sarà il lavoro-
-si sicuramente-
-che lavoro fa sig. Grilli?-
-per 8 ore l'elettricista e durante le altre 16 ore cerco di essere un giornalista (si pure nei sogni!!). Scrivo su di un giornale online, Mole24-
il dente centrale è quello devitalizzato
-ah, interessante!-
Aspetta qualche minuto e:
-ma lei se ne intende di computer?-
-beh qualcosa so..-

Taglio e vi dico che sul lettino, con mezza bocca anestetizzata, gli ho messo apposto il pc. Aveva una cazzata per mia fortuna (che userò come ricatto per farmi scalare i soldi della devitalizzazione tirando in ballo che i ripara-pc ciulano troppi soldi). Fa ciò che deve, prendo appuntamento per il 17 (se non ricordo male) ed esco.

Obiettivo primario ritirare i soldi per andare a prendere i fiori che, anche se non potrò darli alla mia donna, devo pagarli ed inoltre devo caricarmi il telefono. Vado alla solita banca all'angolo ritiro 40 sacchi e vedendo dall'altra parte della strada un tabaccaio compro una ricarica da 10€. Dopo poco mi salta all'occhio una scatola con scritto RISIKO........ho sempre voluto giocarci, giro la scatola, guardo il prezzo, 9,90, lo compro.

Da buon idiota cosa faccio? non è che mentre mi dirigo dal fioraio scendo alla fermata esatta, no, mi dimentico che sto andando dal fioraio!! Arrivo fino a Porta Nuova e da li prendo il 68 per arrivare in corso Racconigi e prendere i fiori, allungando di 3 quarti d'ora il viaggio. Salito sul bus, dopo un po di strada mi accorgo che il 68 faceva un percorso insolito e per fortuna scendendo di corsa ravvedo il mio cammino. Viaggio stimato "15minuti". Ma poteva andare tutto liscio? No. Si mette a piovere. Estraggo l'ombrello a mo' di cavaliere e cammino a passi svelti. Il tempo che arrivo dal fioraio oramai la pioggerellina è divenuta un'acquazzone, e io ho già i piedi bagnati, cosa che odio più di qualsiasi altra. 

le 5 rose rosse
Arrivato dal fioraio, acquisto i fiori, mazzo stupendo, ed esco. La pioggia ed il vento erano un tutt'uno. Non si vedeva un bene emerito. Così aspettai un po' sotto di un balcone ma dopo un po' mi scocciai e camminai verso la fermata più vicina. Nel frattempo vidi alla mia destra un negozio che vendeva pizza e farinata. Entrai. Da subito c'era qualcosa di strano, i biglietti da visita erano in cinese, la commessa vietnamita e i clienti idem. Era un negozio di specialità etniche. Non bado a nulla e le dico "una fetta di farinata". Nel frattempo la sciocchina della commessa non continua a dialogare dolcemente con la sua amica? Io ero già impaziente ed avevo paura di perdere il bus, così fatalità mi girai e vidi un cazzo di bus di fronte al negozio con le porte aperte. In 4 e 4-8 dissi:
biglietto da visita negozio orientale
-presto la farinata che perdo il bus-
-subito signore un attimo!-
-mi dia sta cazzo di farinata santi numi!-
Le lanciai i 5€, che finirono tra l'altro in mezzo alla pizza sottostante, quando in realtà il tutto faceva 2,58€ e afferrata la farinata corsi e mi infilai nel bus. Giratomi, vedevo la commessa che mi faceva gesto di ritornare per il resto ed io alzando la mano le risposi con un "like".

la pioggia
La pioggia era divenuta incessante, i vetri del bus colavano acqua ovunque ed io tranquillo mangiavo la mia farinata con il rischio di strozzarmi perché la sera prima non mi ero riempito la bottiglia dell'acqua, maledetta pigrizia. Guardavo nel frattempo i passeggeri che guardavano vicendevolmente i fiori, 5 rose rosse, bellissime. Ma ad un certo punto uscii dal mio torpore e stranamente mi accorsi che il mio presunto "55", era dove non doveva essere.

bus 56 
Mi avvicinai all'autista:
-scusi che pullman è?-
-tu cosa dovevi prendere?-
-il 55!-

Lui con fare di diniego corruccia la fronte e mi dice:
-no-
-come no? che bus è buon cielo??-
-questo è il 56-

Porca vacca maiala. Dopo ancora qualche fermata scendo dal bus e vado nuovamente verso la metro scendendo dall'ascensore di Porta Susa.
Giustamente non poteva andare tutto per il meglio, no. Il lettore al tornello per 10, e dico 10 volte di fila non volle sentire ragioni nel leggermi la tessera del bus. Alla fine riuscii a passare tra le lamentele degli altri utenti:
-eh sta cazzo di GTT che ci ruba i soldi-, soprassediamo.
le scalinate della metro

Il viaggio stava volgendo al termine. Avevo già preso il 4 che dopo 5 minuti di percorso, BZZZ BZZZ BZZ (ma chi cazzo è ora??), guardo lo schermo "PADOVAN GIOVANE" ovvero il figlio del principale, il vecchio di poco fa.
-DAMIANO-
-(cazzo ti urli??) si?-
-domani devi andare a Voghera e DEVI essere in ditta per le 7. VA BENE??-
-si perfetto.



Penserete che la giornata sia terminata qui, e invece no, ho avuto persino modo di farmi rodere lo stomaco...ma lasciamo stare. Ora mi darò daffare su di un articolo che tratta i bocconi avvelenati "dedicati" ai nostro amici a 4 zampe. 


Vorrei tirare le somme, ma lo lascio fare a voi. rileggete velocemente e contate quante cose mi sono andate storte in una sola giornata (includendo la bottiglia dell'acqua vuota!)

Un'epopea, un'epopea si.

Damiano Grilli













sabato 24 maggio 2014

Essere positivi, lacrime inutili

Il post di prima non era melodrammatico, peggio.
Era pieno di sconforto e tristezza, lo so, e nessuno ha voglia di leggere di "paranoie e suicidi"; potrei usarlo come titolo di un libro a pensarci bene.

Ribatto alcune righe per dire una cosa semplice. Abbattersi non serve a nulla. Si può e si deve piangere ovunque. Su un tram, il 15 ad esempio o il 4; in macchina mentre gli schiavisti ti mandano a prendere del materiale e credono di disporre della tua vita solo per i soldi (ah già, io sono fortunato che lavoro!!); al cesso; in camera; nel proprio cuore.
 Nel proprio cuore. E' brutto, davvero è davvero brutto versare lacrime di sangue e sentimenti soprattutto sapendo di avere sulle proprie spalle la pendenza ed il greve di tutta la situazione.
Ovvero, chi è causa del suo mal pianga se stesse.
Giustissimo. Ma dopo, perché c'è un dopo, le cose devono cambiare, devono prendere una svolta. Tutto dipende da voi. Qual è il vostro obiettivo? Il vostro obiettivo è A? allora fate in modo di ad arrivare ad avere A. E' B? fate nello stesso modo. Come? Trovate la forza in qualcosa. In quel A ad esempio.
Agite e migliorate, agite e cambiate in modo da essere un altra persona. Una persona che abbatte i propri difetti in nome di un qualcosa di migliore...di un sentimento...a caso...l'amore ecco per esempio.

Non voglio far svenare nessuno per i miei scritti angosciosi e patetici. Potrei parlare come "bucoschi" e spezzare l'amore in "le donne son tutte troie e se ne perdi una tanto di guadagnato: non ti amava". Non funziona cosi. Odio profondamente chi dissacra l'amore e quindi per primo odio me stesso.
Non tanto perché l'amore in senso lato è il più grande dei sentimenti, ma perché è l'unico che se arso, può rinascere dalle sue ceneri come l'Araba Fenice.
Quindi si alla positività. Che se si vuole dimostrare una cosa, le lacrime non servono ad un cazzo (presa in prestito da "bucoschi").

D.G.

Diario (di un) muto


Questo doveva essere una sorta di diario di viaggio. Si una sorta perché come sempre sono un casinista e il mio "ipotetico diario" divenne a suo tempo, un meltin pot di idee, opinioni, sentimenti, poesie e messaggi per la mia donna.

A distanza di tempo rileggo alcuni post e mi spavento, non posso essere stato io. No.
Non ho messo diritti d'autore ne alcuna altra cosa. Penso che i sentimenti siano un flusso, e chi sono io per interrompere il flusso che le mie parole potrebbe coadiuvare tra due amanti?
Non sono nessuno. Sarei la persona più felice del mondo se le parole che dedicai alla mia lei, fossero causa di amore perpetuo. Cosa che sono solo riuscito a scrivere su di una fottuta tastiera senza scotch e sigaretta stile Arturo Bandini ma con un cazzo di tè nero che ho dovuto supplicare a mia zia, ad una chiavetta internet che va a 32k perché "chi gode prima non gode dopo" e il telefono. Un telefono oramai senza vita.
Un telefono che a guardalo bene non è mio, non è mai stato mio. Fu trovato, mi fu regalato, lo ruppi lo riparai ma...non è mio. Che cazzo centra 'sto discorso? Lassa stè, non ne ho idea.

Per essere un diario muto direi che il suo lavoro lo sta facendo. Da mesi non scrivevo un cazzo. Vena creativa morta? No. Se uno non scrive qualcosa per dire qualcosa allora anche i suoi testi sarebbero morti. Sinceramente non mi voglio annoverare tra i presunti letterari/blogger/giornalisti/giornalai che pretendono di sapere. Io non so un cazzo. Ma veramente.. Ogni giorno mi scopro più ignorante. Ogni giorno imparo qualcosa di nuovo e rimango affascinato da quando bello è il mondo che ho l'opportunità di vivere e rovinare. Bellissimo.
L'ultima volta che ricordo sapere tutto, fu in......2 superiore? Forse.. non rammento a sufficienza. Alla mia sparata "in Giappone ci stanno un miliardo di persone", il prof che mi riteneva un cazzaro ma che mi voleva bene (credo) se ne venne il giorno successivo apposta in classe per smerdarmi davanti a tutta la colonia di pirlotti formata dai miei compagni (ora tutti persi per la loro strada).

Non sapere in parte è una soddisfazione, perché se uno sapesse tutto e poi non potrebbe fare nulla sarebbe più inutile di chi non sa ma che magari qualcosa può. Morale della favola voglio scrivere quando ho qualcosa da dire ed ora più che a parole mi sento di parlare tramite dei tasti che consumati diventano lucidi  alla luce della lampada.

L'incenso mi inebria la mente.
L'incenso che mi ha dato lei.
Mi voleva stregare,
c'è riuscita.
La volevo amare,
ho sbagliato tutto.

Uno che sbaglia non merita niente se non la pena di rendersi conto che piangere davanti ad un monitor è da sfigati (passatemi il termine) e non risolverà mai nulla nella vita.

Ora premerò pubblica, in alto a destra.
Condividerò.
E le persone leggeranno. Chi per sfizio, chi per curiosità.
Potevo risparmiare della spazzatura in più online ma è più forte di me, devo dire, devo dire ciò che le labbra non riescono. Devo creare quei sentimenti che occhi azzurri e alle volte grigi tradiscono in smorfie di paura e tristezza. Va tutto bene? Va tutto da Dio. E che quest'ultimo mi aiuti.

D.G.

Retaggi di un passato incontaminato

Siamo complessi.

In primis facciamoci questa premessa, sennò è poi ovvio che tutto va a finire a puttane.

Ebbene, magari già lo sapevate, ma meglio eccedere che deficere, soprattutto in questi casi, quando la personalità che ci forma (ma perché parlare in plurale?), o meglio che mi forma, si impegna in una trasformazione radicale.

Trasformarsi. A proposito di trasformazioni mi viene in mente La metamorfosi di Kafka che non ho mai letto, ma quasi certamente, in modo lato, rispecchierebbe la spiacevole sensazione che mi lega ad un problema interno, spirituale; un problema che mi uccide prima ancora di aprire la bocca e darmi la possibilità di confronto con gli altrui pensieri.

Soprassedo, meglio non dire niente di disdicevole sul proprio conto, soprattutto quando si scrive per un giornale e si è quindi alla mercè di "un chicchesia".

Tutta questa pappardella per cosa? Ebbene (ed è già la seconda volta, ma adoro dire "ebbene"), siamo umani, siamo fatti di molecole e amore. Un connubio unico che trova sede nella parte più profonda del nostro corpo. Cervello, cuore? No. Stomaco. Li è il centro del nostro essere vivi. Li quando stiamo male il tutto ci mette sottosopra, non abbiamo più fame per la paura di vai a capire cosa.

Un passato senza questi sentimenti è un passato di felicità incondizionata.

Un passato con queste esperienze è un passato di sofferenze, belle e buone sofferenze.
Mi ci aggrego.
Meglio un passato di sofferenze che un passato incontaminato da telefilm.

E la trasformazione è doverosa per capire i propri sbagli, i propri cambiamenti. E' necessaria per capire noi stessi e relazionarci di conseguenza al mondo esterno.

Ho scoperto di essere un bastardo, egocentrico, sfruttatore ed egoista essere.
Voglio cambiare, sto cambiando.

D.G.


Quattro mura

Quattro mura,
una finestra.
Un cielo azzurro 
e nuvole bianche.

Vedo uccelli passare,
dove vanno?

Vedo la strada,
macchine fanno su e giù;
io sono qui,
dove vanno?

Abbasso la serranda,
mi chiudo nel buio.

La luce non entra,
ma ciò non cancella.

Nulla cancella il ricordo 
di ciò che ho visto.

Io so,
io ho visto.

Io so e ho visto.

Io ho visto.
Io non posso dimenticare.

D.G.

Qui non c'è nulla

Qui non ci sono rondini.
Qui non ci sono grandi onde, 
a infrangersi sul parapetto.
No. 
Qui ci sono prati.
Qui ci sono prati e ricordi.
Qui c'è il mio passato.
Qui ci sono io.
Basta.

D.G.

mercoledì 12 febbraio 2014

Lettera a cuore aperto, lacrime a occhi chiusi

Alle volte siamo così vicini da non toccarci e così distanti da sentirci una cosa sola.
Erano secoli che probabilmente non scrivevo per te o per noi o per ciò che amo da quando ti amo..
Sono quasi 2 anni oramai e mi sembra essere passato un secoli tra risa, pianti, scherzi, camminate, arrabbiature, problemi e tanto amore, si un secolo. Sembra passato un secolo da quando ti conosco e da quando le prime volte mi sembravi più che una persona, un riccio..

Che stupido a piangere per cose futili..

Fra poco una nuova primavera illuminerà i nostri volti..le nostre anime..e noi?
Io sono qui e ti vedo, ti vedo migliaia di volte più intesa su ogni goccia che dal mio viso crolla sul petto.. perchè?

Ahhhh....maledizione..domande su domande... impotente, questo sono impotente, una situazione stupida che situazione è?

Non sto nemmeno scrivendo qualcosa di razionale, solo un miscuglio di ciò che la mia anima sta tirando fuori..
Era da un po' che non piangevo, da un po' non mi sfogavo. 
Sono sotto tensione in questo periodo..e lo sai bene.. fai questo, fai quello e come dici a te non dedico tempo..
Il bello è che invece sto facendo di tutto, mi 'sto facendo in 4 per fare tutto, anche perchè altrimenti non potrei fare niente..
Sono pieno come un toro dentro alle volte, ma alle volte mi chiedo quando tutto finirà, quando perderò la forza per sviluppare i progetti che mi assillano, quando potrò dedicarmi interamente a me e a te..

Ora non vorrei farti leggere questa lettera, vorrei semplicemente sparire, fare in modo che te non mi abbia mai conosciuto...mi chiedo se per te ne valga davvero la pena stare con costui che più che idiozie non è capace di scrivere...

Nomi confusi e battiti frenetici in una notte di stelle al chiaro di luna dove la luna è morta e le stelle sono esplose. L'unica stella sei te e la luna la luce dei tuoi occhi..


Quando mai t'avrò amato, morirei se più non lo facessi.