domenica 16 novembre 2014

Se fossi Arturo

E ora come scrivo?
Non ne ho idea. Mi trovo in questo squallido hotel con le mura tinte di rosa e la vernice che cade a pezzi mentre un caldo soffocante mi prende la gola.
Nel frattempo dall'altra parte della parete il vociare di alcune puttane si fa avanti fino a rendersi talmente chiaro da sentire ogni respiro, ogni alito di orgasmo.
Il proprietario dell'hotel alla meretrice di turno:
-Dai, fammi entrare, ti abbono l'affitto di questi tre mesi basta che mi fai stare bene..-
Lei:
-ma perché? ho detto che ti pago, non ora, ma ti pago! Inoltre poi fra poco devo partire, quindi mica voglio scappare senza pagarti-
Lui:
-senti Sudamerica, non posso lasciarti andare senza i miei soldi, lo sai. E poi ti ho detto che ti amo, io davvero, ti amo! Voglio renderti la madre dei miei figli.-

E così via per ore e ore. Letti che cigolano e calore che da alla testa. Urla e odore di muffa. Possono essere le 2 o le 4 del mattino, nulla cambia, tacchi a spillo che a pochi metri dal mio letto fanno avanti e indietro da stanza e stanza. E dopo ogni porta che sbatte, un letto cigola; matematico.

Alle volte mi sembra di fare a gara con Arturo Bandini, mi manca solo essere al primo piano, con una veranda che da sulla strada di una Los Angeles di inizio secolo ed avere una cameriera messicana al mio seguito.
Fanculo che strage, sembra la vita di un film ma un film non è. Non hai tempo di cominciare a battere un articolo che è già notte fonda e hai gli occhi che tendono a chiudersi fino a farti male per la poca luce che esce dal monitor del pc. Fanculo nuovamente. I pensieri poi è prassi, si rimbalzano nel cervello per trovare risposte a domande che sinceramente non so nemmeno se voglio conoscere o meno.

E' mattina, mi alzo, con grande fatica e vado al cesso. Mi guardo nudo allo specchio, mi piaccio. Avrei bisogno di fare uno sport che mi sviluppi un po il busto ma con sto cazzo di lavoro è impossibile, troppo tempo che vola. Prima di sedermi sulla tavoletta cerco di tenerla ferma perché è ovviamente rotta.
Dopo alcuni minuti di dormiveglia, mi rialzo, tiro l'acqua e mi butto addosso i 4 vestiti che odorano già di grasso e lavoro.

Portafoglio, caricabatterie e cellulare. Via, si esce dalla stanza per una nuova giornata di sopportazione. Faccio a piedi i 100 metri che m dividono dal baretto dall'altra parte della strada ed eccomi a salutare, come ogni fottuta mattina la barista rumena.
-Buon dì-
-Ciao Damiano! Non so cosa tu abbia fatto stanotte, ma hai bisogno di un doppio caffè secondo me-
-Naa, fammi il solito te nero va-
-Te nero? ok, come vuoi. E sempre brioche alla cioccolata no?-
-Esatto. Senti un po', ma la ragazza che lavorava qui e che studiava da infermiera questa estate?-
-Ah, Francesca (credo si chiami così, non ricordo), ha fatto qui solo la stagione estiva..-
-Oook, perfetto.-

Finisco la colazione sotto lo sguardo del titolare che camminando avanti e indietro mi invita senza dirlo a darmi una mossa, cosa che gentilmente ogni mattina declino per una calma interiore precipua.

-Buon dì nuovamente e buon lavoro-
-Ciao Damiano, anche a te!-

Stop.

Se fossi Arturo avrei una vita sicuramente più avventurosa, ma sono solo Damiano, e sono reale.

Io sono Damiano,
e questa, è la mia vita.

D.G.

2 commenti:

  1. .......bel racconto....... e la ragazza Francesca c'è possibilità di rincontrarla?

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