sabato 20 dicembre 2014

Perduto

Prende le cuffie, le sfila dalla testa, le lascia cadere sul letto. Il film è finito.
Gli rimane dentro un vuoto, che non si può colmare, uno di quei vuoti che non si possono mai colmare.
Si gira, allunga le gambe e di traverso le appoggia su di uno sgabello ai piedi del letto. La testa è forzata contro il muro, è scomodo si, ma lui resiste, ha sempre resistito, non si è mai piegato, mai; per queste cose poi, figuriamoci.
La cover del telefono è liscia, sembra quasi scivolare dalla mano, lui l'accompagna, non ha la volontà di stringerlo. Lascia cadere il braccio sulla coperta. Morbida, sintetica, calda. Righe blu, azzurre, bianche e grigie rendono la fantasia della stessa molto sobria e vivace e al contempo seria.
Ora il braccio destro è lì, quasi morto sul materasso che sente solo tra le dita lo schermo del telefono inanimato; privo di qualsiasi segnale.
Chiude gli occhi per un attimo, pensa. Pensa nuovamente. Li riapre.
Si guarda il palmo della mano sinistra, le linee che vivono sulla sua mano, le dita, che sono diventate soldi.
Fa la mano a pugno, e nel riaprila diventa una pistola, una pistola in carne ed ossa. La guarda, curioso. I suoi occhi la guardano curioso, come oggetto a loro estraneo. E lei, la pistola, guarda loro dritto nelle pupille.
Dopo questa prima presentazione, i muscoli del braccio si tendono e muovono. La mano si direziona verso la tempia e mentre l'unghia sfiora la carne. Tutto il corpo è consapevole. Ogni singola cellula lo sa. E' questione di un attimo, e tutto cesserebbe. Le dita tremano, tremano dalla smania di fare il passo.
-cosa mi trattiene?-
Non riceverà risposta.
Un attimo dopo, con il dito nervoso che spinge se stesso, spinge sul grilletto, la mano destra si ravviva.
E' arrivato un messaggio sul telefono. Un messaggio su quell'essere morto.
-quella quando il ragazzo dice che c'è così tanta bellezza che non riesce a contenerla e si lascia attraversare da essa-
-si, in parte, ma non è tutto-
Blocca il telefono, cala giù i piedi dallo sgabello, e scioglie l'arma; ritorna una mano. Apre il palmo destro ed il telefono scivola sul letto.
Si alza, inforca le ciabatte e percorre i pochi metri che delimitano la sua stanza.
Ma un secondo prima di uscire vede un riflesso, un riflesso di se stesso o forse di qualcun altro che vive dentro di lui.
Lo guarda negli occhi, in quegli occhi che oggi sono azzurri e domani grigi. Lo guarda incuriosito. Piega la testa di lato come per scrutare meglio il viso dell'altro.
Niente daffare, lo vede, si vede. Vede che non è altro che lui.
Alza la mano sinistra, comincia ad accarezzarsi i capelli scuri lisci e morbidi ed un attimo dopo li vede arruffati. La mano scende e comincia a percorrere la tempia, lo zigomo. Arriva sul naso e ricopre la perfetta curva che lo rende a lui così bello; gli piace il suo naso, che assurdità.
Scende ancora di più, e passando sopra le labbra rosse come il fuoco che ha dentro le accarezza, tutte e due. Ha la pelle liscia, si è rasato da poco e non può notare quella cicatrice. Alza di poco il mento alla luce e la vede lì, indelebile. Un monito.
Ci passa il dito sopra e sente la pelle, come una corazza che per difendersi s'è indurita a dismisura. Sembra una montagna che stona con la pianura del suo volto e con i suoi lineamenti marcati e precisi, caldi.
Il dito nuovamente sfiora quel lembo di pelle per poi con la mano posarsi sul collo e sentirlo bollente, lui è caldo. E mentre la mano, la pistola e la carezza lo alleggeriscono da un peso che grava da anni quanti ne porta dietro, gli occhi, sempre loro sgorgano sale, sale e acqua.
Lui li vede, si vede dentro, li vede gonfi e rossi, vene di sangue che riempiono quegli occhi tanto amati dalle persone,loro che hanno visto ciò che non avrebbero dovuto.
Li vede lacrimare. E vede una goccia di rugiada marina infrangersi contro le labbra livide.
Abbassa la testa, fa un passo di lato, alza l'avambraccio destro e l'appoggia al muro.

Un attimo dopo ci appoggerà la testa, un attimo dopo svuoterà se stesso da tutto, per tornare con se stesso.
Si era perduto.

D.G.

Fuoco

Fuoco,
vada a rogo,
l'anima che mi conserva.

Filo sottile di passione,
curva distante di desiderio,
e i tuoi occhi sono il mio sole.

Sento la terra fremere,
cedere,
crollare sotto i piedi.

Un attimo,
è stato un attimo.
La tempesta imperversa,
sulla sventura.

Ed io barcollo,
senza meta,
un mare infinito.

Non tirare via la mano.
Se ti ho trovata,
è successo per non perderti,
mai più.

Maledetta la mia lingua,
il mio sarcasmo,
la mia ignoranza,
maledetto io.

Un attimo,
abbandonato,
un attimo dopo,
risollevato.

E' bastata la tua mano,
bianca di grazia,
ed eccomi qua,
a bruciare tasti già consumati,
ma non abbastanza.

Eccomi a sferzare la mia meschinità,
eccomi a recedere dalle stupidaggini.

Bionda Parca,
nel mio cuore ti sei messa,
non te ne pentirai,
è una promessa.

D.G.


lunedì 8 dicembre 2014

Dimmelo, cosa ne sarà di me

Dimmelo,
cosa ne sarà di me.

Dimmelo, 
ora che ai tuoi piedi,
docile mi son prostrato.

Dimmelo,
ora che i miei occhi,
colmi di speranza,
vanno lì,
dove da tempo ho cercato.

Dimmelo,
cosa ne sarà di me.

Dimmelo,
bionda Parca,
quale destino avrò,
non farmi penare,
dimmelo.

Dimmelo,
che sia mattina,
che sia notte.
Dimmelo,
che faccia freddo,
che esploda il sole.

Dimmelo e guardami.
Sono inginocchio,
sul graticcio duro,
che la pelle livida mi rende.

Dimmelo,
ora che non c'è distanza,
ora che il tuo sorriso m'abbacina la mente.

Dimmelo,
cosa ne sarà di me.

Dimmelo,
oh Venere bianca,
che i sogni sono altro.

Dimmelo,
accento straniero,
non farmi aspettar tanto.

Dimmelo tu,
tu che hai preso il mio cuore,
e ne hai fatto porto di scorribande.

Dimmelo tu,
che al librar della tua voce nell'aere,
altro suon non odo,
che sia calzante.

Dimmelo tu,
regina della mia mente,
che in essa ti sei ancorata.

Dimmelo tu,
dolce essere vivente,
che non salperai,
oh mia amata.

Dimmelo,
cosa ne sarà di me.

D.G.

sabato 6 dicembre 2014

Uomini fragili

Non posso fare a meno di notare che, con tutto questo trambusto provocato dai media sia innegabile una sorta di ripetitore umano che funge ad oltranza.
Qualsiasi sia il tema, sempre e comunque viene a palesarsi lo sconcerto, l'afflizione e la subitanea rimozione con annessa indignazione; basta davvero guardare qualsiasi social network o programma tv per notarlo.

Arriviamo al dunque. Sembra oramai, ed aggiungo un bel purtroppo, essere diventata una campagna mediatica anche il problema "violenza sulle donne". Dico purtroppo perché solitamente chi ne parla in primis è un baldanzoso (ogni aggettivo ribaltatelo tranquillamente anche al femminile) che non ha mai avuto a che fare con l'argomento, secondo non ha concepito la gravità dell'accaduto perché non si è mai trovato di fronte ad una situazione tale da sentirsi disarmato ed impotente quando, potrebbe benissimo scappare da quella fottuta situazione ma Dio santo, non riesce. E non chiedete lui il perché, non lo sa. Semplicemente è un blocco che prende dentro e inchioda al pavimento. Un blocco che ti dice "corazzati" e tu ti chiudi a riccio, diventi impenetrabile ed i tuoi occhi rimangono l'unico vessillo di una speranza, fine a se stessa, per ciò che in realtà saranno costretti a vedere, ma che non dovrebbero. Fa male non poter agire, sentirsi annichilito da una forza più grande sentirsi umiliato e senza possibilità di fuga quando ad un occhio esterno davvero salta semplicemente la domanda -ma perché non ti ribelli? perché non fuggi?-. Domane inutili. bisogna passarci.

Tutto questo porta ovviamente a ricordare che una donna che non denuncia, è prima di tutto fragile, è piena di timore, paura per il futuro, paura per se stessa. Il non sentirsi capace di affrontare una situazione che porterebbe 90/100 il suo malfattore a odiarla all'ennesima potenza, dopo ciò che ho scritto più sopra, non fa nient'altro che cementare il suo spirito. La forza viene a mancare si. E un paio di botte, alle volte, sono più "rassicuranti" di un insicurezza spirituale futura.

Io non posso e non riesco però a fare a meno di pensare che in tutta questa campagna mediatica che mi fa vomitare, scusate la finezza, vi sono figure che personalmente, alcune volte rispecchiandomi in loro, mi hanno dato modo di riflettere e crescere, e scrivere queste 4 righe. Il tutto per gridare ad alta voce che c'è un limite nello sparare a zero sull'uomo e che la maggior parte di essi non merita di essere additato come un criminale solo perché ha il pene; ciò non toglie che portare avanti campagne di "outing mentale" sia utile, ma non di certo come per momento viene sponsorizzata la cosa. Ripeto, è sufficiente guarda su internet o nei programmi per corroborare la ma tesi.

Sono giovane, ne sono cosciente, ma poco alla volta sento di maturare. E ciò che vedo in quelli giovani come me e che stanno affrontando una vita piena di incertezze non è nient'altro che fragilità.
Accantoniamo pure il lato economico, anzi mettiamoci un velo pietoso. Prendiamo in considerazione l'animo di questi giovani ragazzi.
Dio santo, li vedo io, li vedo soffrire. Li vedo bramare attenzioni che puntualmente vengono a mancare. Li vedo dolci e molto spesso deboli, ma cercano di nasconderlo. Sono insicuri. Hanno pianto, hanno sofferto per via del gentil sesso, come è giusto che sia (??).
Si, si sono dimenati, si sono spezzati il cuore in 4 e hanno sentito lo stomaco andare a puttane. Hanno fatto a gara con la vita e con le sue armi. La solitudine, la voglia di rivincita, la depressione, l'insicurezza, il sentirsi inadatti. Si, perché questi giovani uomini che vengono lasciati, che vengono traditi, che vengono trattati alle volte come pezze da piede, non sono nient'altro che adulti del domani.
Si stanno formando, stanno crescendo e stanno capendo che forse, prima di dire "ti amo" devono davvero sapere chi hanno di fronte. Stanno raggiungendo la maturità attraverso occhi lucidi e guance rigate dalle lacrime.
E tutto questo molto probabilmente mentre erano su un bus, o a lavoro o addirittura in mezzo ad una folla urlante. O più semplicemente nel proprio letto. Quando lì, da solo, tiri le somme e -Dio sono solo-.
Già, sei solo caro amico.

Alla fine gli uomini sono questo, non mostri, ma pezzi di vetro che se lasciati cadere a se stessi, si infrangono in mille pezzi.
Sono uomini, sono fragili. Ecco tutto.

Damiano Grilli