sabato 1 novembre 2014

Volontà negata

Ogni cosa, ogni decisione, prima di farla sembra un'impresa colossale, una montagna impossibile da scalare; tanto da rendere chi c'è riuscito prima e chi è 'arrivato', secondo il nostro personale relativo concetto di 'arrivare', dei miti.

Forse tutto inizia dal dubbio, non mi sono mai soffermato a riguardo, ho sempre saltato questo punto, del perché ci sia la necessità di una azione, per arrivare direttamente all'azione stessa.
Ogni volontà, in fondo, la si può mettere alla stregua di un passo, si, un semplice passo che non farà altro che impreziosire il nostro cammino; qualsiasi finale abbia.

E come ogni passo, ogni azione ha di fronte a sé diversi ostacoli, tanti ostacoli, alcuni nemmeno li consideriamo a volte, ma loro sono lì ben presenti.
Se si parte dall'inizio il concetto stesso di passo e qualcosa di puramente dinamico, qualcosa che non lascia spazio alla staticità, qualcosa che ti obbliga a non prevedere il futuro dello stesso.

Scelto quindi se buttarsi o meno da una condizione posata ad una senza appigli, con ognuno i propri pro e viceversa, si passa allo step successivo, liberarsi della stabilità dei due piedi per lasciarsi alla mercé di un piede, uno solo, e provare a bilanciare il proprio corpo in modo ad adattarsi a qualcosa che forse non è nostro, ma che certamente è necessario in quanto attimo di transizione. E così alziamo un piede, impostiamo i muscoli del corpo, spostiamo i vari baricentri e letteralmente cominciamo a volare; metà cielo metà terra, il tutto sotto i nostri piedi. Ecco cosa significa forse buttarsi, provare l'ebbrezza del volo, per un attimo. L'idea del non essere legati a nulla ma essere padroni di tutto. Quale tutto? Noi stessi, noi siamo il tutto.

Ed è così che poi arrivati a metà strada, ci troviamo con un piede ben posato e ancora più fermo di quanto fossero tutti e due assieme prima ed uno che, leggero, copre con una falcata uno spazio celeste. Il frangente perde quasi importanza, oramai hai alzato il piede, oramai sei in bilico, oramai tutto è in gioco, tanto vale non considerare troppo quello che potrebbe essere; è essenziale portare alla fine l'opera. D'altronde le cose vanno pensate prima.., ma come abbiamo detto poc'anzi, non tutto può essere calcolato. Alle volte basta anche solo il concetto di volere per realizzare quanto pensato. 

Prima di continuare fermiamoci un attimo. Avete mai ragionato su cosa è un pensiero? Un semplice pensiero, un qualcosa di così comune che ci da, assieme all'intelligenza, modo di formare e dare vita ai nostri stessi concetti.
Tutto nasce da questo..
Tornando al discorso cardine, più precisamente al nostro passo eravamo in volo e come ogni aereo che si rispetti, anche per il nostro piede questa fase è quella più difficile. Sta tutto nell'impostare la traiettoria, stringere la caviglia, alzare la punta, indurire il tallone e via, lasciarsi cadere ed accogliere dalla terra. La terra, cosa stupenda senza la quale saremmo perduti. Intanto, dopo questo lavorio, eccoci verso un altro stato. Staticità-dinamicità-staticità. è un continuum, una sequenza di stati forzati, doverosi ed impossibili da non compiere.

Come fare a dire se essere meglio uno o l'altro?
Impossibile, impossibile dirlo ma non è impossibile affermare la necessità di questi stati per la nostra crescita.
L'importante che queste volontà non siano forzate, ma che siano un flusso, un flusso di consapevolezza, quella maledetta consapevolezza che ti prende l'anima e te la fa a pezzi. In nome di cosa però?

Non lo so, sto cercando di capirlo. 
Nel frattempo, provo a fare qualche passo, ma sotto i miei piedi sento solo il vuoto.

D.G.

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