sabato 31 gennaio 2015

Del giorno dopo (4/4)

La notte insonne non mi aveva dato modo di riposarmi a sufficienza. Per me è sempre così. Quando ho dei pensieri o delle preoccupazioni mi ritrovo sempre in piena notte ad avere freddo, ad avere paura delle conseguenze, perché sciocco quando avrei dovuto pensarci non l'ho fatto, e ad arrovellarmi nelle lenzuola sul da farsi.

Finalmente mi sveglio. La stanza era fredda, gelida. Non avrei voluto alzarmi. Non avrei voluto affrontare quella giornata. L'idea di aver potuto lasciare incinta la mia Dea era un pelino troppo. Ma ciò mi sarebbe servito certamente per il futuro.



Alla fine mi decido. Tiro fuori il braccio sinistro, scosto le lenzuola e girandomi calo il piede destro sul pavimento. Inforcate le ciabatte mi dirigo verso il bagno che come già detto era colossalmente freddo, tranne durante l'atto amoroso che dolce ha visto i sensi miei e suoi disperdere calore in una sorta di unione trascendentale.

Mi guardo allo specchio, mi dico internamente -ma che cazzo hai combinato? sei un coglione...- e dopo essermi fatto una doccia bollente per cercare di rilassarmi, comincio a vestirmi con i 4 stracci che da Torino m'ero portato in viaggio.
Esco dall'hotel e giunto al bar che mi divideva dall'arrivare alla fermata di Aversa Centro, luogo in cui solitamente ci incontravamo per poi andare all'avventura, ecco che mi mangio due brioche senza sentirne minimamente il gusto ma buttando giù solo per riprendere le parole che mio nonno mi dice spesso "sacco vuoto non sta in piedi"; ebbene, mangiamo.

Finisco il lauto pasto e vado alla fermata. Nuovamente, come il giorno innanzi mi trovo nettamente in anticipo. Dovevamo vederci per le 9:00 e io arrivo alle 8:15; eh, l'ansia..
Attendo, al freddo, al vento, al gelo più assoluto. Leggo le scritte attorno, cerco di cogliere ogni minimo particolare di ciò che mi circonda. Scruto la gente. E rispetto ciò che lei ha notato di me e che mi ha riferito diverse volte -il bello di te è che ti affascina ogni cosa. studi ogni cosa. cerchi di capire ogni cosa. mi piaci..-.
Già, aveva ragione ed inoltre è stata la prima ad accorgersene, e ciò amplificherà notevolmente il mio desiderio verso lei, la mia voglia di passarci del tempo e stare con una ragazza che non mi fa stare bene, bensì mi eleva a divinità. Insomma, stare con lei mi faceva sentire davvero Apollo.

Dopo la lunga attesa, la vedo giungere verso le 9:15. Lei dall'altra parte della strada, a 'sto giro non era passata al di qua del marciapiede. Così dopo un primo sorriso lanciatoci a vicenda, le faccio il gesto se dovevo passare di là e lei con un cenno mi risponde positivamente.
Avanziamo fino alle scale che portano alla metro sotterranea e prima di scenderle prende una sigaretta e comincia a fare qualche tiro. Me la offre. Non fumo, ma una sigaretta non mi farà di certo morire. E poi, con lei voglio vivere al massimo. È questo d'altronde il concetto di vita più corretto. Sapere che tenersi su tutto non fa bene. Alle volte, è bene prendere le briglie, riporle nel cassetto e farsi trasportare dagli eventi. E lì stava riuscendo ad entrambi.

Un secondo dopo, finita la sigaretta andiamo a fare i biglietti e durante i 20 minuti t'attesa per l'arrivo della metro, ecco che nel punto più isolato della fermata, comincio a guardarla negli occhi. Lei manteneva lo sguardo. Aveva capito. Ancora ora, a distanza di tempo mi chiedo quanti uomini avranno abbassato lo sguardo guardandola, ma con me, "tsè", non funziona così. Chi mi piace, la sbrano, partendo dagli occhi.

Il tira e molla degli sguardi dura per poco tempo, fino a quando finalmente al mio gesto di avvicinarmi alle sue labbra, lei chiude gli occhi e ci congiungiamo in un dolce e lungo bacio durato davvero un'eternità.
Dopo un po', ecco la metro. Saliamo, percorriamo pochi km e scendiamo ad Aversa Ippodromo. La direzione era quella dell'ospedale, più precisamente quella del pronto soccorso per andare a farci fare la ricetta per recuperare la pillola del giorno dopo. Non stiamo tanto per fortuna. Dopo un primo momento di imbarazzo ecco che tocca a noi. Spieghiamo il motivo della nostra presenza ed ecco che fanno entrare Caterina in una stanza. Più tardi mi racconterà che alla frase -sono qui per la pillola del giorno dopo-, gli infermieri si misero a sghignazzare, ed effettivamente è stato abbastanza divertente.. Ma non era ancora tutto finito.

Usciamo dall'ospedale e ci incamminiamo verso la farmacia più vicina. Mostriamo la ricetta e l'inserviente donna ci da quanto ci spetta dopo aver pagato quanto dovevamo. In fretta e furia andiamo verso il centro cittadino e lei, con nonchalance prende la scatoletta, leggiamo assieme il bugiardino e in un attimo, preceduto da un sorso di acqua, butta giù la pillola.

Tiriamo effettivamente entrambi un sospiro di sollievo. Diciamo che la mattinata si fa più luminosa.
Tra una parola e l'altra le domando se le andrebbe di fare un po' di colazione. Accetta.
Ci infiliamo in un bar al caldo, molto gradevole e ben curato e ordiniamo due cappuccini e due brioche al cioccolato. Durante l'attesa chiacchieriamo su delle foto che la ritraggono in cosplay assurdi dove risulta essere...non bellissima, di più. E poi ci lasciamo prendere dal nostro piacere per la musica tanto da metterci ad ascoltare ciò che passa alla radio del bar.

Io fingo come sempre di avere la mia radio personale -benvenuti su RDL, Radio Damiano Live. la radio che non vi aspetta, ma che vi viene a prendere in casa, in macchina e addirittura in testa!!-, lei non può fare a meno di ridere come una scema e..-sei un cretino, davvero Damiano Grilli. Però mi fai ridere, mi fai divertire come non mai-. Queste parole illumineranno la mia giornata a lungo, tanto che ancora ora le ricordo nitidamente.

Finiamo di abbuffarci e riprendiamo a camminare in mezzo alla strada. Camminiamo a perdifiato, arriviamo fino all'arco che solitamente nei giorni passati ho sempre visto di notte, per vederlo illuminato dal sole nella sua grandezza. Gira e rigira eravamo cosciente che lei, verso le tre, sarebbe dovuta andare via. Così è una sorta di corsa contro il tempo.

Io -dove andiamo a mangiare??-
Lei -potremmo andare dai cinesi! però, non mi ricordo la strada..e poi è lontano..-
Io -allora andiamo lì. non voglio repliche. piuttosto ci perdiamo ma almeno lo cerchiamo-
Lei -ok, proviamoci. sai una cosa? con te, sto andando sempre all'avventura, sempre verso posti di cui non mi ricordo i luoghi, ma che stando con te mi sovvengono alla mente-

Ci dirigiamo verso 'sto ristorante che alla fine si rivelerà chiuso. E così optiamo per andare in una sorta di pizzeria in Viale Kennedy, se non ricordo male.
Entrati, ordiniamo la pizza, e io, con la caviglia che bruciava per via della scarpa che grattava contro di essa, chiedo alle commesse se avevano dei cerotti. Risposta negativa. Così ci rifacciamo su dello schotch ed un tovagliolo. L'ammetto, alla fine si scoprì molto funzionale.

Prendiamo posto ad un tavolo vicino alla vetrata di ingresso. Entrava molta luce, posizione stupenda, e dopo avermi guardato negli occhi, lei mi ferma nel parlare per dirmi...-certo che solo con te mi sarei ritrovata a chiedere un cerotto in pizzeria. Sei un personaggio Damiano. Mi piaci..-. Io mi misi a ridere, sono purtroppo o per fortuna solito a queste pagliacciate; fanno parte del mio carattere.

È un attimo che prendiamo a concentrarci sulla pizza e a divorarla, quando alla tv piatta appesa al muro arriva la notizia della morte di Pino Daniele. Lei comincia a dirmi che dopo averlo detto a sua madre, quest'ultima non poteva crederci e che inoltre Pino era uno dei suoi cantanti napoletani preferito.

Io, mentre lei mi spiegava tutto, le ammetto che di Pino conoscevo giusto il nome e qualche canzone come, e inizio a canticchiare..- na na ra na na na na na, Sai che mi piaci quando muovi quella testa, per seguire la musica, per trovare la carica.- Ma non ho il tempo di finire la frase che dalle casse parte la canzone. Ed io e lei, faccia a faccia, occhi a occhi eccoci un pelo emozionati. Era totalmente vero. Lei mi piaceva quando muoveva la testa, per seguire la musica. Oppure vederla agitare il braccio in cielo quando due sere prima una musica con dei bassi un po mogi, passò davanti a noi dai finestrini di una macchina e ci fece muovere un pelo dal nostro stato di quiete. Dio, quel momento è impresso nella mia mente a fuoco. Lei, il suo corpo, i suoi capelli biondi liberi nell'aria e la sua voglia di ballare. Era la cosa più bella al mondo, in quel momento e ancora tutt'ora.

Durante il pranzetto mi metto a farle un giochino con le cannucce per mostrale che se posizioni un recipiente più in alto di un altro e dal primo risucchi tramite un tubicino del liquido, questo finirà nell'altro. Non vi dico il suo stupore, sembrava una bambina. Non finisco tutto il cibo, era pessimo, tanto che lei punzecchiandomi prende a dirmi -ma Damiano, a te non c'è una cosa che ti vada bene vero??-, Caterina cara, questo è un mio piccolo difetto, si, però maremma boia, quella pizza faceva cagare!

Finito di mangiare con tutte le pecche del caso, lei mi porta a passo svelto in un parco. Li ci sediamo sulla panchina e cominciamo a cazzeggiare allegramente. E poi tra un complimento, uno sguardo, una carezza, la prendo e la faccio sedere sulle mie gambe. Solo Dio sa la felicità che in quel momento la mia mente espletava in forma di dopamina (spero sia lei!), solo Lui.
I secondi lesti non si fanno mai attendere quando il divertimento è tanto. Ridiamo, scherziamo, di gusto. Era TUTTO perfetto, era perfetta lei, ero perfetto io. Era perfetta la giornata, la temperatura. Pure gli uccellini non sbagliavano nota durante le loro scorribande celesti e mentre intonavano richiami verso i loro compagni.

Ma per l'ennesima volta, il tempo stringe e lei deve prendere il treno per tornare a casa sennò le viene fatto il cazziatone. La capisco e la agevolo. La stazione non era tanto lontana, così arrivati a destinazione e fatto il biglietto attendiamo al binario 3, già, proprio il 3.
Come dirlo? Sinceramente non lo. So solo che un frazione di tempo dopo, arriva il treno in questione, rallenta e si ferma. Si aprono le porte. E dopo esserci baciati per non so quanto, lei mi guarda e mi dice -addio Damiano Grilli-, io imbufalito....-coooosa? vorrai dire arrivederci! Arrivederci Caterina-. Lei, con un sorriso tenero mi guarda, e m'incalza -arrivederci Damiano Grilli. arrivederci pirlet-, seguito da una risata da parte di entrambi.

Stava per salire i gradini della carrozza quando tirandola da un braccio la faccio voltare. La guardo ancora una volta negli occhi e la bacio stringendola con tutte le mie forze. Lei splendida mi viene incontro tanto da suggellare quell'incontro con quell'ultimo dolce e prezioso caldo silenzio, che la mia mente non scorderà mai.

Sale sul treno, si siede sul sedile più vicino all'entrata e vedendola dal vetro comincio a parlarle. Un secondo dopo mi fa una foto, e io faccio altrettanto. L'istinto ad un certo punto, non poteva accettare ciò. Stavo per fiondarmi dentro il treno ma, per un soffio le porte si chiudono. E il treno se ne va, con lei.

Devo essere sincero. Dopo 4 giorni di intese, baci, risate, camminate, luoghi nuovi in cui mi ha portato, persone nuove che mi ha fatto conoscere, beh, Dio se ci stavo di merda. Ho avuto un senso di vuoto nel vedere quel treno partire che forse in parte posso immaginare il magone delle famiglie che vedevano i migranti, loro famigliari, andare verso destinazioni assurde e lontane.

Da quel momento è un vagheggiare nel vuoto e nel senso di distanza che da subito mi prenderà, e che prenderà lei. A nulla messaggi e rassicurazioni ci serviranno, almeno in quel primo istante. No, sapevamo tutti e due che la distanza, come spada di Damocle ci avrebbe reso la vita non facile.

Le ore scorrono, e dopo aver recuperato la mia valigia in hotel, mi dirigo a Napoli con il primo treno in partenza da Aversa. Li è un po un frastuono di sentimenti, di paure, di certezze mancate e di volontà negate. Si perché si tratta di questo. Quando due persone stanno bene assieme, vigliacca terra se le cose possono andare bene.
Ad ogni modo, per non rendere questo scritto un noioso rendiconto delle mie sensazioni interne, mi limito ad accennare l'aver comprato due libri alla Feltrinelli e di aver scambiato 4 chiacchiere con il barista, per l'esattezza Vincenzo, che dopo aver recuperato la mia tazza da té vuota, mi guarda e mi dice -ma l'hai fatta te sta roba? no perché è allucinante, non si toglie!-, riferendosi al mio vizio di arrotolare il cordino della bustina da te all'interno del manico ad ansa in modo da non fare scappare il tutto nel momento in cui giro il cucchiaino.
Con un mezzo sorriso lo guardo e gli rispondo in modo affermativo. Lui allora..-beh, almeno tu fai 'ste cose simpatiche. C'è gente qui che arriva e si comporta in modi talmente sgarbati. Mi chiedo se a casa loro fanno cosi..-. Ci soffermiamo a discutere un po', per l'esattezza un'ora e alla fine, dopo avers preso confidenza e dopo aver finito di battere una cartolina, mi oso a chiedergli se poteva imbucare la stessa per me, visto che da li a poco dovevo andare a prendere il treno. Lui gentile mi viene incontro. Lo ringrazio, e prima di uscire -È stato un piacere. Comunque mi chiamo Damiano. Grazie ancora- e lui -ma ci mancherebbe, buona fortuna-.

In realtà l'attesa alla stazione si è rivelata piena di incontri strani e bislacchi. Potrei citare il giudice con il quale mi sono fermato a conversare e che mi ha creduto un finanziere dalla guisa che portavo indosso o il tabaccaio che mi ha definito una persona onesta e buona per il fatto di avergli portato all'occhio il resto in più lasciatomi in mano. Piccole cose che fanno piacere suvvia.

Ma torniamo a noi e alla nostra avventura napoletana. Erano da poco passate le nove quando, tenendo Lei aggiornata sui miei spostamenti, avanzavo verso il treno appena arrivato in stazione.
Tra una menata e l'altra ecco che finalmente si può salire. Imbuco la mia stanzetta con le diverse cuccette e mi sdraio dopo tremila preparativi in un letto che non era il mio ma che un tizio aveva lasciato, occupando il mio. Lasuma Perde.

Il treno non aspetta un attimo. Appena tutti sono saliti, ecco che comincia la sua marcia nuovamente verso il nord. Ombre, luci e movimenti oscuri si agitavano al di fuori del finestrino. Tutto sembrava predigere ciò che solo il futuro avrebbe rivelato. Insomma, tra un pensiero ed un altro, ecco che solo, anche se con altri 4 nello stanzino, mi trovo a scrivere e a rispondere alla mia cara.
Lei con tanto di emozioni, che lancinavano anche il sottoscritto, ecco che attraverso altre parole e tempi..:

-Oh Damiano...mio carissimo...mio diletto. Qual dolore, qual mestizia e sofferenza son costretta a sopportare. Per Giove...ahimé. Avverto ogni chilometro che il treno percorre come una spina nel cuore. In ogni parte di arteria, di vena, di capillare nel quale il dí scorso fluiva il sangue frenetico e precipitoso riscaldandomi l'intiere membra. Mio carissimo, quattro. Quattro giorni per perdere la testa e piangere, lacrime salate e amare. Velenose. Se solo potessi tornare indietro quanti baci, quante carezze e quanti sguardi ti darei in più. Non perderei attimi, li riempirei tutti con te. Si te. Amor mio, mio diletto. Che m'hai fatto?...ti direi t'adoro ma é troppo poco. É stato troppo poco e non me lo farò bastare. Arrivederci Damiano.-

Io nella mia semplicità le risposi. Le risposi con quanto il mio cuore sapeva meglio fare. 
Ad oggi, tenendo bene a mente quelle ultime parole che bastarde mi logorano il cervello, ancora mi ripeto "É stato troppo poco e non me lo farò bastare. Arrivederci Damiano".

Ebbene, arrivederci mia dolce e bionda Caterina.

D.G.

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