giovedì 15 gennaio 2015

Apollo e Atena (3/4)

A distanza di un po' di giorni i ricordi si fanno confusi. Chiedo venia, avrei dovuto battere tutto a caldo ma come sempre, la cosa più preziosa che abbiamo, tende a sfuggirci di mano senza che ce ne accorgiamo, il tempo.

Un'altra mattina ha inizio. Un'altra mattina alle prese con una città sconosciuta che di passo in passo mi ricorda la canzone di Antonacci "Non ho più paura di te", nel pezzo dove dice "io che avrei vissuto da te, nella tua straniera città, solo con l'istinto di chi sa amare, solo ma pur sempre con te". Ebbene si, io ero in quelle esatte condizioni!

Ma andiamo avanti nella storia e non perdiamoci in inutili chiacchiere. Erano oramai passati due giorni e in totale avevo mangiato....nulla! Da notare, record. Solitamente mangio come un balordo...ma la fame fino a Torino scomparirà senza fare ritorno, inspiegabilmente.

Come sempre il passaggio obbligatorio è metro e poi piedi! Mi ricordo di quanto detto dalla mia adorata. "Scendi in Piazza Vanvitelli". E così scendo li, quartiere Vomero se non erro. E comincio a scarpinare in lungo e in largo senza sapere minimamente dove mi stia dirigendo. Cammino e tengo il passo svelto senza problemi, a lungo. Vedo vie, negozi, tra l'altro penso sia la zona chic, viali alberati e tanto altro. Mi soffermo nel guardare un cartello. Giustamente non sono tipo da centro commerciale. Voglio vedere come diamine spendeva il tempo la gente prima di me!!
Così, dopo aver visto un cartello classico di museo in marrone con scritto "Villa Floridiana" vado verso quella direzione.

Era mattina e faceva già caldo. Via il montgomery compagno di avventure per rimanere in pullover. Vedo da lontano la cancellata d'ingresso della villa. Tutto totalmente immerso nel verde ed una colonia felina protetta che richiamava l'attenzione dei passanti che con sguardo languido accarezzavano i gatti di turno.
Il percorso che porta fino alla villa è costellato di piante, raggi che spaccano le foglie e alberi che mentre danzano al vento lasciano trasparire luci e ombre come giochi cinesi.

Arrivato finalmente alla villa ho modo di entrare. I reperti all'interno facenti parte della collezione del duca di Martino sono innumerevoli e dei più svariati luoghi. In particolare in basso vi sono collezioni cinesi e giapponesi molto datate. Nei piani alti invece, quadri, busti e dipinti soliti degli occidentali.
Il giro turistico all'interno è davvero notevole. Ma devo essere sincero. Dopo che ho visto dalle finestre all'interno, il parapetto sul mare, ebbene, non vedo l'ora di levare le tende per prendere 'na boccata d'aria fresca; ma senza troppi indugi.

Esco dabbasso, mentre un gatto mi segue come la mia ombra, e percorse diverse scalinate eccomi davanti all'ultimo balconcino. Da qui si apre una visuale mostruosamente bella. Tutta Napoli, Posillipo e i Campi Flegrei al mio cospetto. Senza ovviamente citare lo spettacolo della costa e del mare azzurro mentre in lontananza un fragore di nuvole si lascia attraversare da luci arancioni che riempiono il mare cristallino d'acqua di giada e rubino.

Sembra impossibile, ma si sono già fatte le 2 passate. E da poco ho iniziato a conversare con Lei. Sta male e forse non può uscire. Sono un po incavolato, però è giusto che stia a casa se non può uscire. Alla fine però decidere di venire, e con voce da cadavere -però Damiano, non mi fare più aspettare un ora al freddo, per favore-. Non me lo avesse detto. Mi ha preso uno sconforto e un senso di colpa tali che non immaginate.
A sto giro no, non doveva succedere. Così, uscito dalla villa e volendomi dirigere verso Castel dell'Ovo, posizionato sulla scogliera, faccio che prendere la funicolare per scendere più velocemente.
Tralasciando che una funicolare senza funi è un tram, ma dico io, 1,50 per fare 4 fermare in una sola direzione??
Ad ogni modo scendo all'ultima e tra un passante e un cartello arrivo fino al lungomare.
Qui, per me c'è stato il tripudio dei sensi. Non hai livelli di quando ho visto lei la prima volta, però per Giove. Dovevate vedere che mare, che panorama, che vista. E in lontananza la mia meta, Castel dell'Ovo.
È un lungo camminare, fino al punto voluto. Un lungo camminare tra scorci bellissimi, palazzi riempiti di sole e venditori ambulanti. Qui mentre tranzollo continuavo per la mia strada, vedo una chiave. Subito ho pensato al film con Benigni, La vita è bella. "Principessa, la chiave!". Via, comprata! Anche se di pessima fattura e di un materiale totalmente scadente, però chissà che ne apprezzerà il gesto, seppur sciocco.

A mio malincuore arrivato al castello, la salita non è possibile, e così, dopo aver fatto un giro nei ristoranti adiacenti ed aver fatto foto sensazionali di una vita molto reale e sentita tra le persone, mi dirigo verso la città e alla fermata della metro.
Passo prima da Piazza del Plebiscito per poi arrivare in via Toledo e da li prendere il mio Caronte.
Il viaggio in metro passa senza troppe novità. Arrivo ad Aversa (ma come lo dico io, bell'aperto avErsa), quasi un'ora in anticipo. A sto giro non potevo fare la figura del pesce lesso.

Mentre cammino su e giù, comincio a capire cosa aveva provato la signorina il giorno prima, e sprofondo.
Finalmente un messaggio -sto arrivando-. Bene bene, chissà cosa ci riserverà la serata.

Senza farsi attendere troppo arriva vestita splendidamente e dopo un primo sorriso reciproco che non eviteremo di riservarci ad ogni incontro, vuoi per l'imbarazzo vuoi per la felicità, partiamo in quinta per le viuzze della città.

Fa un freddo cane, ed i discorsi cominciano da -cosa hai visto oggi?- e arrivano fino a concetti filosofici inestricabili dalla loro mera speculazione tanto che alla fine ogni discorso che facciamo rimane sospeso come una pera cotta; ma quante soddisfazioni...!
Dopo circa un'oretta, guarda il telefono e mi dice che il suo amico le ha proposto di andare con il gruppo a vedere al cinema American Sniper.
-Ti va di andare a vederlo?-
-suvvia non ci sono problemi, poi sembra pure carino-
-ma a essere sincera a me in spot non è che sia piaciuto tanto. comunque abbiamo fino alle 7 per pensarci su-
Continuiamo a camminare fino a che forza ci sostiene e giriamo e giriamo e ci guardiamo e ci guardiamo. Scherziamo sui miei occhiali che mi danno l'aria dell'intellettuale rompicoglioni e sul fatto che lei abiti in una città dove ci sono più negri che alberi. Da notare che lei è un fervente membro del cus cus clan.

Si fanno improvvisamente le 7, e lei...
-allora ti va di andare?- con aria mogia e annoiata
-Caterina, la domanda è, a te va di andare? perché se non ti va non andiamo! stiamo fra noi dai. non sono venuto per stare con i tuoi amici, per quanto simpatici possano essere!-
-ok, perfetto, allora l'avviso che non andiamo!- con un sorriso da 28 denti!!

Dopo averlo avvisato, fatalità ci troviamo nuovamente nei dintorni del parco del giorno prima, sempre buio e sempre affollato di bambinetti con i petardi atti a far sussultare i cuori e a girar le balle.
Gira che rigira, cominciamo a prenderci per i fianchi e via che scappa il primo bacio. Non evito di notare che c'era la luna piena, anche chiamata luna degli innamorati, cosa che secondo me ha molti influenzato l'esito della serata.

Percorriamo in lungo e largo ancora una volta il parco e arrivato nel punto più nascosto e infìdo dello stesso:
-ci sediamo qui?-
-si dai-
E comincia una carrellata di canzoni che piacciono a lei e molte altre che piacciono a me. Jovanotti, Green Day, Pink Floyd. Dividendoci le cuffie comprate poco prima, e godendo della musica, ci ritroviamo a cantare insieme "mi fido di te".
Non so perché lei prende e dice
-ti stai rompendo le palle vero??-
-no!! assolutamente.....- in effetti un pochettino..ma pochissimo eheheh.
Ci togliamo le cuffie e dopo aver parlato di altre menate insulse, ecco che scocca la scintilla.
Diventiamo alla stregua di due fiumi che incalzanti l'un nell'altro si sciolgono in un'amalgama indefinita e senza forma. Anime corrisposte di un sentimento più grande di noi, che forse nessuno ha mai provato. E a colpi di carezze e baci inizia quel combattimento che solo gli amanti conosco. Quel combattimento che nato nei primordi con l'uomo stesso non fa che rinnovare l'attrazione tra Marte e Venere in una battaglia millenaria volta alla sopravvivenza della specie.

C'erano tanti problemi che però non si potevano ignorare, per Giove! I bambini rompevano il cazzo con i petardi, la panchina aveva fracassato la minchia con lo schienale che premeva sulle vertebre e il gelo attanagliava talmente tanto le labbra che la lingua non si muoveva a meno di inondare di pece e fiamme le labbra; ebbene si, il nostro calore non bastava, assurdo!

Così, tra pudore, imbarazzo e amore che dal più profondo mi chiamava alla rassegna come in Full Metal Jacket palla di lardo veniva chiamato dal capitano, prendo e le dico:
-ma, se...andassimo da me?-
Lei mi guarda subito strana, e io non ci metto due secondi a pensare di aver fatto una cazzata colossale, soprattutto perché la mia ultima intenzione era quella di farle credere che volevo solo quello, da lei.
-si intendo, al posto di stare qui, al freddo, con i gagni che ci fanno stare in ansia per i petardi e la schiena che si sta sfasciando, andiamo da me. Stiamo al caldo, comodi, al silenzio e chiacchieriamo senza problemi-
La dimostrazione che devo fare l'avvocato è sorta. Lei con un filo di incertezza e di curiosità accetta.
Così, ci leviamo dalla panchina, e mano per la mano ci dirigiamo verso quello schifo di hotel con il bagno gelato e la serranda rotta. Oh, a Rimini e a Vicenza ho visto di peggio, però..."maronna"!!

Arrivati all'hotel c'era il problema di doverla fare registrare, che in realtà problema non era, perché avevo preso una doppia, però capivo il di lei imbarazzo. Ad ogni modo si entra e per fortuna nostra non c'era il solito inserviente. Facendo finta di nulla prendo la chiave e saliamo.
Pochi secondi ed eravamo in stanza. Finalmente un po' di calore e tranquillità. Erano circa le 8.

Dopo le prime indicazioni -qui c'è la stanza e qui il bagno- ci togliamo i giubbotti e ci sediamo ai piedi nel letto. Da lì parte una stupenda discussione sulle poesie di Totò, raccolte nella raccolta denominata La Livella, che Caterina, alla luce soffusa della lampadina ha dimostrato di saper recitare egregiamente. Ma non solo. Dopo averne parlate altre 3, in napoletano stretto stretto tanto che alle volte non ci capivo 'na mazza, ecco che chiude il libro e  non so come, mi trovo a raccontarle del film dell'orrore Amityville horror e poi de Le colline hanno gli occhi, e poi altri film che mi hanno colpito che mannaggia a lei, non ha visto. In particolare Unsaid, un film con uno splendido Andy Garcia, nome che sul momento non mi veniva, dove la storia lascia davvero senza parole tanto è bella e complicata quanto sconvolgente.

E tra una parola e l'altra, dai piedi del letto, si finisce sdraiati, l'uno di fronte all'altra. Occhi azzurri tuffati in altri occhi azzurri. Sorrisi impercettibili che solo due amanti possono vedere e capire. Occhi che si spostano per farti capire -oh vuoi stare zitto e baciarmi??- e occhi che capiscono e -che coglione, mannaggia a me e alla mia boccaccia-.
Ma non mi faccio attendere troppo. Finito di raccontare le vicende di The others, che davvero..mamma mia che bello, mi fiondo sulle sue labbra. È un attimo. Un secondo appena che io mi ritrovo su di lei a riempirla di baci e carezze, mentre il suo fine corpo mi regge in una perfetta unione di sensi e voluttà.
Movimenti, sensazioni, brividi. La voglio, e lei mi vuole. Sento fremere le sue mani e tremare la sua voce. Accelerare il suo respiro e sentire sempre le sue  mani che percorrono il mio corpo nemmeno mi stesse cesellando come un mastro vasaio fa alla sua opera in fase di produzione. Ma forse funziona così. Tra amanti ci si cesella, ci si forma, ci si modella e ci si ama per quello che dalla superficie grezza si toglie. Possiamo definirci tutti scultori della nostra metà, e noi in quel momento eravamo Michelangelo.

Le mani, i desideri e le voglie corrono in fretta, come corrono in fretta le mie mani sul suo seno, sulle sulle labbra per sentire al buio, i suoi lineamenti, per vedere le sue sensazioni, per assaporare i suoi respiri. Parole confuse interlacciavano le nostre menti mentre i nostri bacini sentivano la nostra natura così diversa ma così uguale. E capelli scompigliati, mani vogliose e menti allucinate da una droga che nemmeno l'eroina può rendere talmente tanto dipendente, il desiderio.
Malizioso porto le mani dietro la sua maglietta e solo Dio sa quanta benedetta fatica ho fatto per slacciare quel top. Per giove non era il primo eh! Ma quello era così ostico e avverso nei miei confronti che uff..

Ad ogni modo non importa e il momento è propizio. Così come madre natura ci ha creati, così ci siamo trovati. A pensare ora a come è successo non ne ho idea, devono essere stati gli alieni, ma che bel lavoro che hanno fatto. Eravamo così affini e magnifici assieme. Al buoi, tutto è perfetto. E la perfezione nel buio non solo si riflette sui corpi nudi e caldi, ma anche nelle menti dolci di chi muore dal piacere di godere dell'amore tanto decantato dai libri di scuola e tanto ripreso nei film. Quell'amore che ti prende e ti stravolge. Ti spacca la schiena in un angolo e ti imprime una notte come nessun'altra notte. Come nessun'altra notte in vita tua.

È così che inizia il gioco dell'amore, sotto quelle coperte che dopo che messe erano così calde, colpa mia, sono una fornace, l'ammetto. Inizia quel gioco che vecchio di millenni vede l'uomo alla ricerca del piacere della sua donna. Prima cercando li in quel paradiso di Venere con gusto e olfatto, poi con tatto nelle regioni montuose ed infine come uno scopritore nel corpo di colei che dolce e magnanima si lascia cercare e scrutare dentro di se, mentre avvinghiata e in status sublime si lascia andare ad affondi caldi e benevoli.
Passa il tempo e passa il nostro desiderio reciproco in mille modi e forme e posizioni diverse. Ci troviamo un attimo prima come cavallerizza e cavallo in un gioco equestre valido per gli antichi greci quanto un attimo dopo in quella che reciprocamente abbiamo soprannominato "colonna". Seduti entrambi e con colpi di reni, lunghi e penetranti affondi in quelle membra che calde vogliono godere senza preoccupazioni e unirsi insieme in una dolce melodia di sensi e respiri e parole che finiscono nelle orecchie ampliando i piaceri.
Nemmeno il Vate..tanto.
Passano tre ore irrefrenabili, e all'ultimo ho ancora un desiderio, vederla in volto, vederla in quel volto che ho straziato di piacere e amore, e lei benevola accetta.

Allungo la mano, trovo il pulsante e....bam. Eccoci, carne alla carne, occhi negli occhi. Io sudato marcio e bollente quanto una centrale termica tanto che anche il bagno era caldo. Lei bellissima e intatta come un petalo di rosa appena colto con due occhi verdi che farebbero invidia alla smeraldo. Pelle di un rosa carne, riscaldato dalla lampadina, e capelli arruffati, i miei, i suoi.

Eravamo li, stupendi, come mai prima, sia per me quanto per lei, scopro più tardi. Eravamo ancora una cosa sola, eravamo ancora uniti, ed io non mi lasciavo intimidire dalla sua bellezza e mi lanciavo nei suoi occhi come un giocate di takeshi's castle fa contro i muri di gomma: senza paura!
Le mie mani sul suo volto, il suo corpo splendido e io dentro di lei. Lei dentro di me. Una cosa sola, capite?
Una melodia unica, un corpo unico, un piacere unico. Noi due, come Apollo e Atena, li distesi, nella posizione che diventerà la nostra preferita. Perché ci ha dato modo di vedere le nostre verità da vicino, le nostre intenzioni spoglie di tutto. Vestite solo dalla nostra carne.

Passano minuti incredibilmente veloci, e rimaniamo a guardarci, ad osservarci. Osservo i suoi fianchi, osservo il suo seno e i suoi piedi. I suoi capelli e il suo volto. Niente è stato mai ritratto di così bello. E io ne ho l'opera d'arte mobile lì, al mio fianco.
Lei mi guarda:
-mettiti di profilo-
Mi giro. Lei comincia a posare la sua mano sul mio volto, segue i miei lineamenti e si sofferma sul naso.
-Mi piace il tuo naso, ha una curva perfetta-
-grazie- e mi giro e la bacio.

Ma non tutto dura in eterno. E così arrivano le responsabilità a farci visita. Sua madre -alle 11 ti vengo a prendere-, wtf!!!
Lo sapevamo essere una cosa furtiva, e quindi bellissima, eravamo preparati a questo.
Così dopo la mia grande svogliatezza  che l'avrebbe voluta al fianco per dieci notti di fila e dieci giorni consecutivi, m'alzo a lei appresso e cominciamo a vestirci. Nessuna paura di vederci come madre natura ci ha prodotti, nessun imbarazzo. Eravamo perfetti come quando abbracciati in qualità di Apollo e Atena, ci regalavamo piccoli piacere lenti e profondi..

In quel bailamme non trovavamo alcuni vestiti, ma alla fine l'abbiamo spuntata. Dopo gli ultimi preparativi, lei si gira, mi guarda, e bam! Il patatrac. Mi getta le mani al collo e comincia a baciarmi. Potrei mai rifiutare ciò? Non sia mai. Mi avvinghio a lei e ci rimettiamo in gioco e tanto è che...siamo nuovamente sul letto. Ma il tempo stringe e lo sappiamo, e lei che è scrupolosa mi costringe ad alzarmi di nuovo e a muovere le chiappe.

Usciamo senza che ci sia nessuno a guardarci alla reception e tra una parola e l'altra e una sete che non finiva più e la mia bottiglietta di té con all'interno il tappo dell'acqua, perché sono convinto ancora adesso che lei facendo finire il tappo dentro volesse uccidermi, eccoci a ridere in mezzo alla strada come due bambini. Passi lunghi e ben distesi ci portano all'Arco che vedrà suggellare la serata in un bacio stupendo e la promessa:
-ci vediamo domani-.

Esigevo me lo dicesse, l'esigevo! Non poteva fare altro, ci sarei troppo rimasto male, mi sarei sentito usato (?!). Così mi volto e vado verso l'albergo mentre lei lesta andava da sua madre che l'aspettava in macchina.

Poteva la serata finire così pacificamente ed in modo lieto? Suvvia no!

Giustamente, dopo alcuni commenti post-coccole, lei mi fa notare che avendo, come dire...fatto senza precauzioni io avrei potuto..insomma avete capito. Io escludendo a priori il fatto, dopo un po vedo insinuarsi il dubbio.
Vi giuro, ho passato una serata di merda, tra girlcommunity e alfemminile cercando "pillola del giorno dopo, e madonna se il giorno dopo ne ha tratto delle belle!!!

D.G.

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